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Adjuvant Nivolumab versus Placebo in Muscle-Invasive Urothelial Carcinoma

La cistectomia radicale con derivazione urinaria rappresenta il gold standard nel trattamento del carcinoma vescicale muscolo invasivo. Nonostante il perfezionamento delle tecniche chirurgiche a cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio, circa il 50% dei pazienti con malattia muscolo-invasiva o con metastasi linfonodali locoregionali è destinato ad andare incontro ad una recidiva di malattia, nella maggior parte dei casi letale. Da questi dati, ancora oggi poco incoraggianti, si evince la necessità di migliorare i risultati della chirurgia mediante l’impiego di una terapia peri-operatoria. A tale proposito, mentre la chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino ha dimostrato di incrementare la sopravvivenza nei pazienti con carcinoma vescicale muscolo-invasivo permettendo di ottenere un beneficio assoluto del 5-8%, l’indicazione a chemioterapia adiuvante rimane controversa in relazione alla scarsa tollerabilità del trattamento nel setting post-operatorio e ai risultati contrastanti delle evidenze della letteratura pubblicata sinora.
È noto come l’avvento dell’immunoterapia abbia radicalmente modificato l’aspettativa di vita dei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico. I risultati ottenuti con gli inibitori del checkpoint immunitario nella malattia metastatica in termini di sopravvivenza e qualità di vita costituiscono il razionale per la sperimentazione di tali farmaci nel setting peri-operatorio.
Il trial CheckMate -274 è uno studio in doppio cieco, multicentrico, di fase 3, in cui pazienti affetti da carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio di recidiva dopo chirurgia radicale sono stati randomizzati 1:1 a ricevere nivolumab 240 mg ogni due settimane o placebo, fino a un massimo di un anno.
Endpoint primari dello studio erano la disease-free survival (DFS) nella popolazione intention-to-treat e nel sottogruppo di pazienti con espressione tumorale di tumor programmed death ligand 1 (PD-L1) ≥ 1%. Gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale, la sopravvivenza malattia-specifica e la sopravvivenza libera da recidiva del tratto non-uroteliale (tempo in cui i pazienti vivono in assenza di recidiva al di fuori di vescica, ureteri o pelvi renale).
Erano eleggibili per lo studio anche pazienti già trattati con chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino.
Lo studio ha arruolato 709 pazienti operati radicalmente per un carcinoma uroteliale a partenza dalla vescica o dalla pelvi renale o dall’uretere, ad alto rischio di recidiva. 353 pazienti sono stati randomizzati a ricevere nivolumab 240 mg ogni due settimane e 356 a ricevere placebo.
La DFS mediana nella popolazione intention-to-treat trattata con nivolumab è stata di 20,8 mesi (intervallo di confidenza [IC] 95%: 16,5 – 27,6) vs 10,8 mesi nel gruppo trattato con placebo (IC 95%: 8,3 – 13,9). La percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva a 6 mesi è stata del 74,9% con il nivolumab e 60,3% con il placebo (hazard ratio [HR] 0,70; IC 98,22%: 0,55 – 0,90; p < 0,001). Per quanto riguarda invece i pazienti con espressione di PD-L1 ≥ 1%, la percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva a 6 mesi è stata del 74,5% e 55,7%, rispettivamente (HR 0,55; IC 98,72%: 0,35 – 0,85; p < 0,001).
Il trattamento con nivolumab ha permesso inoltre di ottenere un vantaggio significativo rispetto al placebo anche in termini di sopravvivenza libera da recidiva del tratto non-uroteliale (22,9 mesi vs 13,7 mesi). La percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva a 6 mesi è stata del 77,0% nei pazienti trattati con nivolumab vs 62,7% nei pazienti sottoposti a placebo (HR 0,72; IC 95%: 0,59 – 0,89). Nel gruppo di pazienti con espressione di PD-L1 ≥ 1%, la percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva a 6 mesi è stata del 75,3% e 56,7%, rispettivamente (HR 0,55; IC 95%: 0,39 – 0,79).
Il profilo di sicurezza di nivolumab è risultato in linea con quanto già descritto negli studi effettuati in altri tumori solidi. Eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o superiore sono stati evidenziati nel 17,9% dei pazienti trattati nel braccio attivo rispetto al 7,2% dei pazienti sottoposti a placebo.
In conclusione, questo studio dimostra un significativo impatto del trattamento post-operatorio con nivolumab in pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo permettendo quasi un raddoppio della DFS a fronte di una buona tollerabilità del trattamento stesso.
Considerando i dati controversi a nostra disposizione relativi all’impatto della chemioterapia adiuvante con cisplatino in termini rischi/benefici, la terapia con nivolumab si candida a divenire il nuovo standard terapeutico in tale setting. Attendiamo ovviamente i risultati degli studi attualmente in corso che stanno testando i farmaci immunoterapici nel setting pre-operatorio al fine di comprendere l’esatta collocazione di tale opzione terapeutica nel paziente che deve essere sottoposto ad intervento chirurgico con intento radicale.


Dean F Bajorin, J Alfred Witjes, Jürgen E Gschwend, Michael Schenker, Begoña P Valderrama, Yoshihiko Tomita, Aristotelis Bamias, Thierry Lebret, Shahrokh F Shariat, Se Hoon Park, Dingwei Ye, Mads Agerbaek, Deborah Enting, Ray McDermott, Pablo Gajate, Avivit Peer, Matthew I Milowsky, Alexander Nosov, João Neif Antonio Jr, Krzysztof Tupikowski, Laurence Toms, Bruce S Fischer, Anila Qureshi, Sandra Collette, Keziban Unsal-Kacmaz, Edward Broughton, Dimitrios Zardavas, Henry B Koon, Matthew D Galsky

The New England Journal of Medicine, Jun 2021

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