L’attuale prima linea di trattamento dei pazienti con carcinoma polmonare non-a piccole cellule (NSCLC) avanzato e con mutazioni comuni di EGFR (delezioni dell’esone 19 e L858R) è rappresentato dall’inibitore tirosin-chinasico (TKI) di terza generazione osimertinib. Diversi meccanismi di resistenza ai TKI di terza generazione sono stati descritti, tra cui le alterazioni secondarie a livello del pathway di EGFR e l’attivazione del pathway di MET. Lo studio MARIPOSA è uno studio internazionale di fase 3, randomizzato, che ha valutato l’efficacia e la tollerabilità dell’associazione di amivantamab, anticorpo bispecifico diretto contro EGFR e MET, e lazertinib, un TKI di terza generazione altamente selettivo e con elevata penetrazione a livello del sistema nervoso centrale, rispetto a osimertinib, come trattamento di prima linea dei pazienti con NSCLC localmente avanzato o metastatico EGFR-mutati. Un terzo gruppo di trattamento nello studio includeva il lazertinib in monoterapia, al fine di valutare il contributo di ogni singolo farmaco nella strategia di combinazione. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression-free survival), valutata tramite revisione centrale indipendente (BICR, blinded independent central review), in base ai criteri RECIST versione 1.1, mentre tra gli endpoint secondari vi erano la sopravvivenza globale (OS, overall survival), il tasso di risposta obiettiva (ORR, objective response rate), la durata della risposta, e la safety. Tutti i pazienti venivano sottoposti al baseline e durante il trattamento ad imaging seriati del sistema nervoso centrale. Da novembre 2020 a maggio 2022, 1074 pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 2:2:1, a ricevere amivantamab-lazertinib (429 pazienti), osimertinib (429 paziente) o lazertinib (216 pazienti). Amivantamab è stato somministrato endovena settimanalmente alla dose di 1050 mg (o 1400 mg nei pazienti con peso ≥ 80 kg) per le prime 4 settimane (ciclo 1), con dose suddivisa in due giorni, e dal secondo ciclo è stato somministrato ogni due settimane. Osimertinib (dose di 80 mg) e lazertinib (dose di 240 mg) sono stati somministrati per via orale. La somministrazione del farmaco orale nei bracci di monoterapia era in doppio cieco. La randomizzazione è stata stratificata in base al tipo di mutazione di EGFR (Ex19del o L858R), alla razza asiatica (sì o no) e alla presenza o meno di metastasi cerebrali. La maggior parte dei pazienti inclusi erano donne, asiatici o bianchi e non fumatori. Ad un follow-up mediano di 22.0 mesi, la durata del trattamento è stata di 18.5 mesi nel gruppo amivantamab-lazertinib e 18.0 mesi nel gruppo osimertinib. La PFS è stata significativamente più lunga nel gruppo di pazienti che ha ricevuto amivantamab-lazertinib (23.7 mesi) rispetto al gruppo trattato con osimertinib (16.6 mesi) (HR, hazard ratio, per progressione della malattia o morte di 0.70; 95% CI, 0.58-0.85; P<0.001). Come sottolineato dagli autori stessi, dopo 6 mesi le curve di PFS si separano nel tempo, dimostrando quindi un beneficio duraturo. Infatti, a 18 mesi e a 24 mesi dalla randomizzazione, la percentuale di pazienti vivi e liberi dalla progressione della malattia era, rispettivamente, del 60% (95% CI, 55-64) e 48% (95% CI, 42-54) nel gruppo amivantamab-lazertinib e a 48% (95% CI, 43-53) e 34% (95% CI, 28-39) nel gruppo osimertinib. Il beneficio in PFS con la combinazione è stato osservato in tutti i sottogruppi analizzati prespecificati, tra cui i pazienti con storia di metastasi cerebrali. In questi pazienti, la PFS extra-cranica è stata di 27.5 mesi nel braccio di combinazione verso 18.4 mesi con osimertinib. In questa analisi ad interim, i dati di OS non erano maturi, ma è emerso un trend a favore della combinazione. La percentuale di pazienti vivi a 18 e 24 mesi è stata dell’82% e 74% nel gruppo amivantamab–lazertinib e del 79% e 69% nel gruppo osimertinib (HR 0.80). L’ORR è stato simili nei due bracci (86% nel braccio amivantamab-lazertinib e 85% nel braccio osimertinib), con una durata mediana della risposta superiore nel braccio di combinazione. Per quanto riguarda la safety, nel braccio con amivantamab-lazertinib sono stati riscontrati eventi avversi correlati all’inibizione di EGFR e di MET. Eventi avversi (AEs) di grado ≥ 3 sono stati riportati nel 75% dei pazienti trattati con la combinazione rispetto al 43% dei pazienti trattati con osimertinib. La paronichia ed il rash cutaneo sono riportati tra gli AEs più comuni. Eventi avversi seri sono stati segnalati nel 49% dei pazienti trattati con la combinazione e nel 33% di quelli trattati con osimertinib. Tra gli eventi avversi di particolare interesse, le reazioni legate all’infusione si sono presentate nel 63% dei pazienti trattati con amivantamab-lazertinib, soprattutto al primo ciclo. Anche gli AEs tromboembolici venosi sono stati più frequenti nel braccio di combinazioni rispetto a osimertinib (37% rispetto al 9%). In particolare, questi eventi si sono manifestati nei primi 4 mesi di trattamento e, con l’avvio di una terapia anticoagulante al primo evento, si sono ridotti notevolmente. Riguardo a questa importante tossicità, ci sono studi in corso con amivantamab (PALOMA-3 e il COCOON) in cui è raccomandato l’utilizzo preventivo di una terapia anticoagulante profilattica nei primi 4 mesi. Gli eventi di ILD (interstitial lung disease) o polmoniti si sono verificati nel 3% dei pazienti in entrambi i gruppi. Nel complesso, una maggiore percentuale di pazienti nel braccio con amivantamab-lazertinib ha interrotto il trattamento per AEs rispetto a osimertinib (35% vs 14%, rispettivamente), mentre AEs fatali si sono verificati in 34 pazienti (8%) e 31 (7%), nei due gruppi rispettivamente, tra cui sono stati predominanti i decessi correlati a cause cardiovascolari, cerebrovascolari e infettive. In conclusione, lo studio MARIPOSA ha dimostrato che amivantamab-lazertinib migliora significativamente la PFS rispetto al solo osimertinib nel trattamento di prima linea del NSCLC con mutazioni di EGFR. L’utilizzo di questa combinazione target potrebbe preservare la chemioterapia per l’utilizzo in linee terapeutiche successive. È necessario un follow-up più lungo per vedere se oltre al miglioramento della PFS ci sarà un beneficio anche in termini di OS.
Byoung C Cho, Shun Lu, Enriqueta Felip, Alexander I Spira, Nicolas Girard, Jong-Seok Lee, Se-Hoon Lee, Yurii Ostapenko, Pongwut Danchaivijitr, Baogang Liu, Adlinda Alip, Ernesto Korbenfeld, Josiane Mourão Dias, Benjamin Besse, Ki-Hyeong Lee, Hailin Xiong, Soon-Hin How, Ying Cheng, Gee-Chen Chang, Hiroshige Yoshioka, James C-H Yang, Michael Thomas, Danny Nguyen, Sai-Hong I Ou, Sanjay Mukhedkar, Kumar Prabhash, Manolo D’Arcangelo, Jorge Alatorre-Alexander, Juan C Vázquez Limón, Sara Alves, Daniil Stroyakovskiy, Marina Peregudova, Mehmet A N Şendur, Ozan Yazici, Raffaele Califano, Vanesa Gutiérrez Calderón, Filippo de Marinis, Antonio Passaro, Sang-We Kim, Shirish M Gadgeel, John Xie, Tao Sun, Melissa Martinez, Mariah Ennis, Elizabeth Fennema, Mahesh Daksh, Dawn Millington, Isabelle Leconte, Ryota Iwasawa, Patricia Lorenzini, Mahadi Baig, Sujay Shah, Joshua M Bauml, S Martin Shreeve, Seema Sethi, Roland E Knoblauch, Hidetoshi Hayashi; MARIPOSA Investigators
The New England Journal of Medicine, 2024 Jun 26
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