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Biomarker Data from the Phase III KATHERINE Study of Adjuvant T-DM1 versus Trastuzumab for Residual Invasive Disease after Neoadjuvant Therapy for HER2-Positive Breast Cancer

Nello studio di Denkert et Al si sono confrontati i dati di sopravvivenza libera da malattia (IDFS), in relazione a vari biomarcatori, nel contesto dello studio di fase III KATHERINE, che ha confrontato trastuzumab emtansine (T-DM1) versus trastuzumab in pazienti con residuo di malattia dopo terapia neoadiuvante per tumore della mammella HER2+ (cT1–4, N0–3,M0 esclusi T1aN0 e T1bN0). Lo studio ha riportato la netta superiorità del T-DM1 in termini di IDFS.
L’analisi dei biomarcatori si è focalizzata sulla proteina HER2, la sua amplificazione ed espressione genica, lo stato della mutazione PIK3CA, l’espressione del gene PD-L1, del gene CD8, insieme a diverse signatures geniche immunitarie inerenti le cellule T-effettrici, valutandone il loro potenziale valore prognostico e predittivo.
Le metodiche utilizzate per l’analisi di questi biomarcatori hanno compreso il sequenziamento del DNA e dell’RNA, analisi dell’intero trascrittoma cellulare e immunoistochimica (IHC). Tramite IHC e ibridazione in situ sono state analizzate le differenze nell’espressione genica tra i tessuti pre- e post-terapia neoadiuvante (NAT) e loro potenziali implicazioni.
Il beneficio del trattamento con T-DM1 è risultato indipendente dai livelli di espressione di HER2, con una percentuale di IDFS a 3 anni dell’89% nel sottogruppo IHC 3+ e dell’85% nel sottogruppo IHC 2+. Il vantaggio con T-DM1 è stato osservato sia nei tumori con espressione HER2 omogenea (≥80%) che eterogenea (30%–79%). La maggiore efficacia del trattamento con T-DM1, tuttavia, non è stata osservata nei tumori con espressione focale di HER2 (<30%) a testimonianza di una minore espressione di HER2 e una maggiore eterogeneità biologica pre-NAT.
I benefici superiori del T-DM1 sono stati confermati nelle pazienti con e senza mutazione di PIK3CA (HR 0.54 e di 0.48, rispettivamente), risultato che non conferisce al gene PIK3CA un ruolo predittivo, ma neanche prognostico negativo.
Riguardo le differenze di espressione degli mRNA di HER2, non si è riscontrata un’influenza significativa sulla IDFS garantita dal T-DM1, benché l’analisi approfondita mediante sequenziamento dell’RNA si sia potuta eseguire per un numero congruo di campioni soltanto post-NAT. Discorso analogo per i livelli di espressione degli mRNA relativi ad altri biomarcatori, quali PD-L1, CD8 e le signatures immunologiche valutate post-NAT. Per quest’ultime, tuttavia, sono state registrate differenze evidenti nei confronti dei campioni disponibili pre-NAT, con una maggiore attivazione del microambiente immunitario successiva alla NAT.
Un’elevata espressione del gene HER2 è stata associata ad incremento del rischio di recidiva o morte nel braccio di trattamento con trastuzumab, ma non con T-DM1, coerentemente con la capacità di T-DM1 di superare la resistenza a HER2.
L’analisi di Denkert et al. fornisce i primi risultati completi sulla relazione tra l’espressione dei biomarcatori e la ricaduta di malattia nel tumore residuo dopo terapia target HER2+.
La natura esplorativa delle analisi dei biomarcatori si dimostra fondamentale per una migliore comprensione dell’evoluzione clinica della patologia in relazione ai trattamenti, con potenziale grande impatto sulla ricerca dei fattori predittivi di risposta alle terapie oncologiche.


Carsten Denkert, Chiara Lambertini, Peter A Fasching, Katherine L Pogue-Geile, Max S Mano, Michael Untch, Norman Wolmark, Chiun-Sheng Huang, Sibylle Loibl, Eleftherios P Mamounas, Charles E Geyer, Peter C Lucas, Thomas Boulet, Chunyan Song, Gail D Lewis, Malgorzata Nowicka, Sanne de Haas, Mark Basik

Clinical Cancer Research, 2023 Apr 14

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©2023 The Authors; Published by the American Association for Cancer Research.