Rassegna stampa

Calano le risorse, è allarme salute. Crescono over 65 e malati cronici

Per Bloomberg il servizio sanitario italiano è per efficienza primo in Europa e terzo al mondo. Eppure una tempesta perfetta minaccia di affondarlo. E’ innescata dal combinato di tagli di spesa, invecchiamento e patologie consolidate

Da la Repubblica AFFARI&FINANZA del 14-12-2015

Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) italiano è primo in Europa e terzo nel mondo in termini di efficienza. Lo riporta nero su bianco la classifica di Bloomberg, in base ai dati forniti dalla Banca Mondiale, dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Eppure, complice anche la recente crisi economico-finanziaria internazionale, si profila all’orizzonte una possibile “tempesta perfetta” che rischia, in assenza di un significativo cambio di rotta, di farlo naufragare, anche in tempi molto brevi.
Gli elementi per prevedere un simile scenario sono chiari: aumento progressivo delle malattie croniche (ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e tumori), invecchiamento della popolazione, tagli alla spesa sanitaria, scarsi investimenti strutturali, blocco del turn over. Bastano alcuni numeri per comprendere la portata del possibile ‘naufragio’: negli ultimi 60 anni in Italia il numero di cittadini di età pari o superiore ai 65 anni è aumentato di oltre 30 volte. Nel 2015 sono previsti oltre 13 milioni di over 65 e, in base ai dati Istat, nel 2030 saranno più di 16 milioni. Ma già oggi un italiano vive in media 82,8 anni, solo pochi mesi in meno rispetto alla popolazione più longeva al mondo, cioè il Giappone. Un dato che colloca l’Italia tra i paesi Ocse più ‘vecchi’ (Fonte: Health at Glance Report).
Non solo: nell’ultimo ventennio la proporzione di italiani affetti da almeno una malattia cronica è aumentata dal 35,1 al 37,9% (pari a 2,7 milioni di cittadini), mentre la percentuale di persone colpite da almeno due di queste patologie è passata dal 17,7 al 20% (2 milioni). I ‘multicronici’ saranno quasi 13 milioni nel 2024 e oltre 14 milioni nel 2034, pari rispettivamente al 20,2% e 22,6% della popolazione (nel 2013 si attesta al 14,4%).
Di fronte a questi numeri, il sistema rischia di non riuscire a reggere le crescenti richieste di salute di molti cittadini. Le soluzioni in campo per evitare l’annunciato ‘naufragio’ ci sono, ma restano per il momento sulla carta. Emblematico, in questo senso, è il caso dei nuovi Lea: i livelli essenziali di assistenza per tutte le regioni da erogare gratuitamente alle persone che si rivolgono al Ssn. Si tratta di un piano, messo a punto dal governo, che prevede per le nuove prestazioni un investimento di 470 milioni di euro in più.
Il problema è un altro, ovvero che la legislazione concorrente, di stampo federalista, ha creato nel tempo sia una evidente disparità tra i Sistemi sanitari regionali (Ssr) sia un rilevante contenzioso tra Stato e Regioni, anche alla luce dell’invecchiamento della popolazione. Crisi finanziaria, situazione di deficit di oltre la metà delle Regioni (su un totale di 20, nelle quali 2 territori del Trentino Alto Adige sono organizzati come Province autonome), spending review, stanno infatti accrescendo la tensione già esistente tra centro e regioni, il cui budget sanitario rappresenta oltre l’80% del loro bilancio.
Quindi, il riparto delle risorse nazionali per la sanità è diventato, come sempre accade, il terreno di scontro cruciale a livello politico generale. A parole, l’impegno dello Stato è di garantire l’equità nell’erogazione delle cure migliori a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla regione in cui risiedono.
Ma nei fatti questo non è possibile dal momento che la competenza e la responsabilità dei servizi sociali è, nel nostro Paese, attribuita al sistema delle municipalità, dei Comuni, e questo accresce la complessità dell’organizzazione dei servizi alla persona, da considerare nella sua unicità. Tradotto: in Italia ci sono Regioni che assicurano sistemi di cura in maniera assai più convincente ed avanzata rispetto ad altre.
Tale eterogeneità è amplificata dal profilo strutturale del nostro Paese, sia dal punto di vista sociale che economico: ad esempio, la PA di Bolzano ha un Pil pro capite di 36.190 euro e un tasso di disoccupazione del 4,1%, la Campania ha un Pil pro capite di 15.818 euro e un tasso di occupazione del 19.39%.
Malgrado i tentativi di armonizzazione, osserva l’Ocse, le differenze regionali in termini di qualità dell’assistenza rimangono significative. Ad esempio, la percentuale di pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica entro 48 ore dall’infarto varia dal 15% nelle Marche, Molise e Basilicata al 50% in Valle d’Aosta e Liguria.
Le differenze all’interno delle Regioni sono ancor più marcate: lo stesso indicatore varia dal 5% ad oltre il 60% se disaggregato a livello di Asl. La mortalità a 30 giorni a seguito di infarto, disaggregata a livello di Asl, varia dal 5% al 18%, con una media nazionale del 10%.
Il numero di ricoveri ospedalieri per bronco pneumopatia cronica ostruttiva è più basso in Piemonte (1,51 per 1000 abitanti, corretto per età e sesso) e nella PA di Trento (1,55), e più alto in Puglia (3,84), Campania (3,13) e Basilicata (3,07). Lo stesso dicasi per l’asma infantile, che vede Toscana (0,21 per 1000 abitanti, corretto per età e sesso), Veneto (0,23) e Valle d’Aosta (0,25) registrare il numero più basso di ricoveri, e Sicilia (0,95), Abruzzo (0,82) e Sardegna (0,74) i più alti.
Tra le altre criticità individuate dall’Ocse, ci sono anche i sistemi di pagamento che non sempre premiano i miglioramenti nell’assistenza clinica o negli esiti. L’infrastruttura informativa è infatti insufficientemente sfruttata a causa di una debole capacità di collegamento dei dati ed un uso limitato della cartella clinica elettronica/fascicolo sanitario elettronico. Gli attuali indicatori relativi all’assistenza primaria e territoriale, avverte ancora l’Ocse, non sono sufficienti a fornire un quadro completo dell’efficacia, della sicurezza e della centralità del paziente in questo settore.
Altre difficoltà sono legate a una carenza di informazioni sulla qualità orientata al paziente e sulla qualità dell’assistenza effettivamente erogata. Non vi sono, ad oggi, rilevazioni di indicatori di qualità o di esito a livello del singolo professionista. E, in generale, la diffusione delle informazioni sulla performance dei fornitori di cura resta sottoutilizzata come potenziale guida per il miglioramento continuo della qualità.
In generale, l’Ocse conclude che in Italia le buone intenzioni di policy non sono accompagnate da meccanismi adeguati che ne assicurino l’implementazione. La strada da seguire deve essere invece quella di passare da un sistema che assegna priorità al controllo di bilancio, ad uno che dà eguale priorità alla qualità.

Di Vito De Ceglia


L’INDAGINE: Chi è meno benestante si ammala più degli altri

In tempo di crisi aumentano le diseguaglianze. A confermarlo è un’indagine Censis sulla cronicità ed autosufficienza: solo il 15% dl Italiani benestanti soffre di gravi patologie, ma la percentuale arriva all’11% per persone con risorse economiche scarse. Tanto che i costi per le visite o le terapie sono l’aspetto che più preoccupano I cittadini che si ammalano (45% degli Intervistati). Molto più dell’adeguatezza delle strutture sanitarie del territorio (17%) o del livello dl professionalità del medici (8%).

Le patologie croniche più diffuse. In % sulla popolazione italiana, dati 2013

  • IPERTENSIONE ARTERIOSA 17,3%
  • ARTROSI, ARTRITE 16,5%
  • ALLERGIE 13,7%
  • CEFALEA/EMICRANIA 10,8%
  • OSTEOPOROSI 7,2%