Ogni anno in Italia si registrano oltre 31mila casi di carcinoma con varianti patogenetiche.
Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) promuove “I Tumori Eredo-Familiari”.
E’ un progetto di sensibilizzazione-informazione su queste neoplasie e in particolare sui controlli medici per monitorarle e la necessità di assicurare il sostegno psiconcologico a tutti (pazienti, parenti e caregiver.
Roma, 9 novembre 2024 – Il 64% dei portatori dei geni BRCA1 e BRCA2 soffre di disagio psicologico. Il 16% lamenta depressione mentre il 47% sostiene di avere sintomi lievi o moderati di ansia. Sono tutti problemi riscontrati, senza grandi differenze, sia tra i pazienti oncologici che fra i portatori di varianti patogeniche. Da qui la doppia esigenza di garantire a tutti anche in Italia l’accesso a test genetici e un adeguato sostegno non solo medico ma anche psicologico. Per questo Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e AIOM hanno lanciato nei mesi scorsi il progetto I Tumori Eredo-Familiari realizzato in collaborazione con l’associazione no profit We Will Care. Si pone l’obiettivo di informare e sensibilizzare tutta la popolazione su queste forme di cancro e sulla necessità di ampliare i controlli medici per monitorarle. Sono già stati realizzati un opuscolo, webinar, talk show, survey e altre attività con le quali si vuole raggiungere i pazienti e i loro familiari. E’ una campagna realizzata con il contributo non condizionante di AstraZeneca ed è presentata in occasione della seconda giornata del XXVI Congresso Nazionale AIOM. “Fino all’8% di tutti i casi di cancro presenta una variante patogenetica in grado di aumentare il rischio oncologico – sostiene Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM -. Secondo gli ultimi dati, complessivamente in Italia sono almeno 31.000 i pazienti che hanno un tumore eredo-familiare. Non esistono solo i geni BRCA ma anche molti altri che incrementano le possibilità d’insorgenza di neoplasie più o meno frequenti. Spesso i pazienti non sono a conoscenza della propria condizione così come i parenti più stretti. Sono uomini e donne che devono essere considerati ‘sorvegliati speciali’ anche perché da alcuni anni sono disponibili test genetici per le diverse forme di tumori ereditari. Esami di fondamentale importanza, con i quali è possibile mettere a punto percorsi di prevenzione primaria molto efficaci e, nel caso, diagnosi molto precoci”.
Al Congresso Nazionale AIOM sono presentati i risultati di un doppio sondaggio condotto da Fondazione AIOM su oltre 500 pazienti e caregiver. Dalla survey emerge che solo il 33% dei malati ha ottenuto una diagnosi precoce di cancro. Otto su dieci hanno incontrato difficoltà ad eseguire il test genetico e di questi il 64% lamenta tempi d’attesa troppo lunghi. Analoga situazione per il 52% dei parenti che ha dovuto effettuare l’esame. “La presenza di un gene non comporta inevitabilmente una neoplasia ma determina gravi difficoltà anche a livello psicologico – proseguono i proff Massimo Di Maio (Presidente Eletto AIOM) e Giuseppe Curigliano (Consigliere Nazionale AIOM) -. E’ quindi necessario fare chiarezza e spiegare ai cittadini che non viene ereditato un cancro ma solo una maggiore possibilità di svilupparlo. Bisogna evitare i facili allarmismi e invece sfruttare strumenti efficaci e precisi come i test genetici. Sono esami che consentono anche una selezione più accurata delle terapie efficaci o meno in base alla presenza di specifiche varianti genetiche. E’ questo il caso delle mutazioni a carico dei geni BRCA1/BRCA2 nel tumore dell’ovaio e della mammella. Possiamo sfruttare la ‘medicina di precisione’ per potenziare le cure anti-cancro e al tempo stesso controllare l’evoluzione della malattia”. Secondo la survey solo il 20% dei pazienti è riuscito ad ottenere il sostegno da parte di un psiconcologo. Oltre il 90% di loro si dichiara soddisfatto del servizio ottenuto. “Un test genetico positivo può essere fonte di incertezza verso il proprio futuro – conclude Nicola Silvestris, Segretario Nazionale AIOM -. Per questo è necessario un team medico multidisciplinare al servizio di una persona a rischio nella quale deve essere presente anche uno psiconcologo. Un portatore di un’alterazione genetica, che poi sviluppa un tumore, deve poter usufruire di un supporto durante e dopo la fase delle cure. In Italia vivono oltre 150mila persone con mutazioni del gene BRCA e sono passati oltre 20 anni da quanto sono state scoperte e poi studiate. Non interessano solo le donne e quindi i tumori femminili, anche gli uomini possono ereditarle e trasmetterle a loro volta ai figli. Per esempio, sono presenti nell’oltre 10% dei casi più gravi e metastatici del carcinoma prostatico. La maggior parte di queste persone non sa di essere portatore dell’alterazione molecolare e del conseguente incremento di rischio oncologico. Con la campagna intendiamo promuovere tra tutta la popolazione una maggiore coscienza su un aspetto non secondario della prevenzione del cancro”.