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Efficacy and Safety of Pembrolizumab or Pembrolizumab Plus Chemotherapy vs Chemotherapy Alone for Patients With First-line, Advanced Gastric Cancer: The KEYNOTE-062 Phase 3 Randomized Clinical Trial

L’adenocarcinoma dello stomaco e della giunzione gastroesofagea (G/GEJ) HER2-negativo, non resecabile, localmente avanzato/metastatico è uno dei tumori biologicamente più aggressivi ed uno dei più diffusi a livello mondiale. La deludente mediana di sopravvivenza (OS) di 1 anno o meno che si ottiene con doppiette o triplette a base di fluoropirimidine e di platino nel trattamento di prima linea di questi pazienti rappresenta il background della domanda sperimentale dello studio di fase 3 randomizzato KEYNOTE-062 che ha arruolato 763 pazienti affetti da adenocarcinoma G/GEJ HER2-negativo localmente avanzato/metastatico con PD-L1 positivo valutato come CPS ≥ 1 (punteggio combinato positivo) non pretrattati.
L’obiettivo dello studio era quello di confrontare l’attività antitumorale di pembrolizumab, pembrolizumab + chemioterapia (CHT) o CHT. I pazienti sono stati quindi randomizzati 1:1:1 a pembrolizumab 200 mg, pembrolizumab più CHT (cisplatino 80 mg/m2/die il giorno 1 più 5-fluorouracile 800 mg/m2/die ai giorni 1 – 5 o capecitabina 1000 mg/m2 due volte al giorno), o chemioterapia più placebo, ogni 3 settimane. Gli endpoint primari erano la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti PD-L1 positivi con CPS ≥ 1 o ≥ 10.
All’analisi finale, dopo un follow-up mediano di 29,4 mesi (range: 22,0-41,3), pembrolizumab è risultato non inferiore alla CHT per l’OS nei pazienti con CPS ≥ 1 (mediana 10,6 vs 11,1 mesi; hazard ratio [HR] 0,91; IC 99,2%: 0,69-1,18) come pure nei pazienti con CPS ≥ 10 (n=282) (mediana 12,3 vs 10,8 mesi; HR 0,85; IC 95%: 0,62-1,17; p = 0,16). Inoltre la OS nel braccio di trattamento pembrolizumab più CHT non è risultata superiore rispetto al braccio CHT né nei pazienti con CPS ≥ 1 (mediana 12,5 vs 11,1 mesi; HR, 0,85; IC 95%: 0,70-1,03; p = 0,05) né in quelli con CPS ≥ 10 (mediana 12,3 vs 10,8 mesi; HR 0,85; IC 95%: 0,62-1,17; p = 0,16). Come atteso, i pazienti trattati con pembrolizumab hanno avuto un tasso di eventi avversi (AEs) inferiore rispetto a quelli degli altri 2 bracci di trattamento. In particolare il tasso di AEs correlati al trattamento di grado da 3 a 5 per pembrolizumab, pembrolizumab più CHT e CHT sono stati rispettivamente del 17%, 73% e 69%. Nei pazienti con CPS ≥ 10 ed instabilità dei microsatelliti (MSI-H), con il pembrolizumab si è osservato un beneficio clinicamente significativo in OS rispetto alla CHT (mediana 17,4 vs 10,8 mesi; HR 0,69; IC 95%: 0,49-0,97) sebbene, come gli autori evidenziano bene in discussione, il piano di analisi statistica di questo studio non consentisse di poter verificare questa ipotesi.
La conclusione formalmente corretta degli autori è che in questo primo studio di fase 3 in pazienti con carcinoma G/GEJ avanzato non pretrattato “il pembrolizumab è risultato non inferiore a CHT e ha mostrato un favorevole profilo rischio-beneficio”. Bisogna però sottolineare che il KEYNOTE-062 è un piccolo studio di non inferiorità con un disegno statistico molto complesso in cui il valore di 1,2 scelto come limite superiore del margine di non inferiorità ha verosimilmente facilitato la dimostrazione statistica della non inferiorità rendendo discutibile e difficilmente accettabile qualsiasi beneficio derivante da pembrolizumab rispetto alla CHT nei pazienti con CPS ≥ 1.
Nella curva di Kaplan-Meier della OS si osserva infatti un piccolo vantaggio di sopravvivenza alla coda con una sopravvivenza a 2 anni del 26,5% con pembrolizumab vs 19,2% con la CHT, il che fa sorgere la domanda se questa differenza si sarebbe vista comunque se i pochi pazienti che erano altamente immunosensibili (CPS ≥ 10 o MSI-H) fossero stati rimossi dal gruppo con CPS ≥ 1. Il prezzo da pagare per questa non inferiorità del pembrolizumab rispetto alla CHT è la progressione precoce di molti pazienti nei primi mesi di terapia con pembrolizumab tanto che solo il 53% ha ricevuto una CHT all’uscita dallo studio. Intuitivamente questo significa che i pazienti sintomatici per disfagia e con alto carico di malattia possono beneficiare più della CHT che della immunoterapia e questa ipotesi è suffragata dal fatto che, nonostante il pembrolizumab abbia dato meno AEs rispetto alla CHT, questo dato non si sia tradotto in un miglioramento della qualità di vita. Inoltre il risultato negativo della seconda chiave di lettura dello studio KEYNOTE-062, cioè la mancata superiorità di CHT + pembrolizumab rispetto alla chemioterapia, rende ancora difficile prevedere il futuro degli inibitori dei checkpoint immunologici nel carcinoma gastrico avanzato.


Kohei Shitara, Eric Van Cutsem, Yung-Jue Bang, Charles Fuchs, Lucjan Wyrwicz, Keun-Wook Lee, Iveta Kudaba, Marcelo Garrido, Hyun Cheol Chung, Jeeyun Lee, Hugo Raul Castro, Wasat Mansoor, Maria Ignez Braghiroli, Nina Karaseva, Christian Caglevic, Luis Villanueva, Eray Goekkurt, Hironaga Satake, Peter Enzinger, Maria Alsina, Al Benson, Joseph Chao, Andrew H Ko, Zev A Wainberg, Uma Kher, Sukrut Shah, S Peter Kang, Josep Tabernero  

Jama Oncology, 2020 Sep 3

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