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Final analysis of phase II results with cemiplimab in metastatic basal cell carcinoma after hedgehog pathway inhibitors

Il trattamento chirurgico del carcinoma basocellulare (BCC) è risolutivo nella maggior parte dei casi. Purtroppo, una piccola ma significativa frazione di pazienti sviluppa una recidiva locale non più operabile e/o una metastatizzazione sistemica di malattia. Il trattamento medico di scelta in questo setting è rappresentato dagli inibitori di hedgehog. Il razionale è rappresentato dalla presenza di specifiche alterazioni molecolari nella quasi totalità dei pazienti.
Da dati di letteratura, sappiamo che con questi farmaci (vismodegib, sonidegib) è possibile ottenere un tasso di risposta obiettiva (ORR) pari a circa il 30%, con una durata media della risposta intorno ai 7 mesi. In caso di progressione, non vi sono a disposizione trattamenti in grado di impattare significativamente sulla prognosi di questi pazienti. In questo paper recentemente pubblicato su Annals of Oncology, vengono presentati i risultati di uno studio di fase II condotto in pazienti con BCC avanzato (NCT03132636) in riferimento esclusivamente al sottogruppo di pazienti con BCC metastatico, in cui veniva testata l’attività di cemiplimab, un noto anticorpo monoclonale inibitore di PD-1, dopo progressione o tossicità inaccettabile agli hedgehog inibitori. Lo studio è stato condotto in aperto ed a singolo braccio e cemiplimab veniva somministrato alla dose abituale (350 mg q21 flat-dose). L’endpoint primario era la ORR (secondo revisione centralizzata indipendente), mentre endpoint chiave secondari erano la durata della risposta (DOR) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS). In questo studio sono stati arruolati 54 pazienti con età media di 64 anni. La ORR è stata del 22% (2 risposte complete e 10 parziali). La durata mediana della risposta non era stata raggiunta ad un follow-up mediano di 8 mesi. La PFS è stata di 10 mesi. Gli eventi avversi più comuni sono stati fatigue (43%) e diarrea (37%).
Dopo progressione durante terapia con inibitori di hedgehog, i pazienti affetti da BCC metastatico presentano un importante unmet need dal punto di vista terapeutico. Fino ad ora, gli studi che hanno valutato l’attività di trattamenti di seconda linea non avevano mai ottenuto risultati significativi. Questo studio ha evidenziato come cemiplimab come terapia di seconda linea sia in grado di indurre una risposta obiettiva comparabile a quella ottenuta in prima linea con gli inibitori di hedgehog. Questo è stato inoltre il primo studio prospettico a dimostrare la significatività dell’attività di inibitori del checkpoint immunitario nel trattamento del BCC metastatico.
Sebbene ad una prima valutazione questi risultati possono sembrare ancora poco soddisfacenti, va certamente considerato che questo studio esamina esclusivamente pazienti con BCC metastatico, un setting in cui anche il trattamento con inibitori di hedgehog da un beneficio nettamente inferiore rispetto al BCC localmente avanzato (come ad es. negli studi STEVIE e BOLT).
Dal punto di vista degli eventi avversi, cemiplimab ha mostrato un profilo di tossicità accettabile. Inoltre, cemiplimab sembrerebbe avere un’incidenza di interruzione del trattamento legato ad eventi avversi minore rispetto agli inibitori di hedgehog (7% vs 15-31%).
Un limite dello studio potrebbe derivare dal campione apparentemente esiguo, anche se la rarità della patologia non consente una numerosità campionaria paragonabile a quella di altre patologie oncologiche.
Questo trial potrebbe aprire la strada verso l’utilizzo degli inibitori del checkpoint immunitario come standard terapeutico anche nel BCC, così come avviene per il carcinoma spinocellulare della cute (CSCC).
La patogenesi dei tumori cheratinocitari è frequentemente correlata al danno genomico indotto dalle radiazioni solari (es. raggi ultravioletti). Questi tumori presentano infatti un elevato tumor mutational burden (TMB) che potrebbe tradursi in un incremento di neoantigeni tumorali con maggiore probabilità di attivazione immunitaria a seguito di terapia con immunocheckpoint inibitori. Di contro, nel BCC è stata osservata una minore infiltrazione linfocitaria, una ridotta espressione del MHC-I associato ad un microambiente con caratteristiche immunosoppressive. Questo potrebbe spiegare la differenza di attività di cemiplimab fra CSCC e BCC, nonostante sia da considerare la differente linea di trattamento tra le due patologie. In conclusione, cemiplimab si è dimostrato essere il primo trattamento in grado di produrre delle risposte obiettive nei pazienti con BCC metastatico dopo trattamento con hedgehog inibitori. Nel prossimo futuro, attenderemo i nuovi dati derivanti dagli studi attualmente in corso sulle immunoterapie di nuova generazione.


K D Lewis, K Peris, A Sekulic, A J Stratigos, L Dunn, Z Eroglu, A L S Chang, M R Migden, S-Y Yoo, K Mohan, E Coates, E Okoye, T Bowler, J-F Baurain, O Bechter, A Hauschild, M O Butler, L Hernandez-Aya, L Licitra, R I Neves, E S Ruiz, F Seebach, I Lowy, P Goncalves 9, M G Fury

Annals of Oncology, 2024 Feb.

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