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First-line nivolumab plus ipilimumab in unresectable malignant pleural mesothelioma (CheckMate 743): a multicentre, randomised, open-label, phase 3 trial

Istologicamente, si distinguono tre tipi di mesotelioma pleurico: epitelioide (∼60%), sarcomatoide (20%) e bifasico (20%), con sopravvivenza mediana di 19,4 e 12 mesi, rispettivamente, cosi come si evince dai dati di un database di 1.183 pazienti affetti da questa patologia. Nei pazienti non eleggibili al trattamento chirurgico la chemioterapia con doppietta a base di platino e pemetrexed ha dimostrato un modesto (2–3 mesi), ma significativo, vantaggio in sopravvivenza globale (OS) rispetto alla sola terapia di supporto essendo cosi da circa 10 anni lo standard di prima linea. In uno studio di fase 3 l’aggiunta del bevacizumab a tale doppietta ha condotto a un incremento significativo della sopravvivenza globale [19 mesi (IC 95%: 16-22) vs 16 mesi (IC 95%: 14-18)], ma la tripletta non trova indicazione e rimborsabilità nel nostro Paese in questo specifico setting.
Sono già state prodotte, in piccoli studi di fase 2, alcune evidenze di attività della mono-immunoterapia con anti-PD1 o anti-PD-L1 nella seconda linea di trattamento con tassi di risposta tra il 10 e il 25% ed un ampio range in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e di OS.
Questa pubblicazione è relativa ad un’analisi ad interim pre-pianificata quando si fossero raggiunti l’85% degli eventi programmati per l’analisi finale di uno studio di fase 3 randomizzato 1:1, in aperto (CheckMate 743) condotto in 103 centri di 21 Paesi diversi nel quale la combinazione di nivolumab e ipilimumab è stata confrontata al trattamento chemioterapico con platino/pemetrexed in pazienti con nuova diagnosi di mesotelioma pleurico maligno non eleggibili al trattamento chirurgico (giudizio sulla base dello standard locale del centro partecipante) non selezionati sulla base della IHC per PD-L1 e con ECOG PS 0-1.
Tra il 2016 e il 2018, sono stati randomizzati 605 pazienti a ricevere:
– nel braccio sperimentale, nivolumab (3 mg/kg ogni 2 settimane) + ipilimumab (1 mg/kg ogni 6 settimane) fino a 2 anni di terapia;
– nel braccio di controllo, chemioterapia con cisplatino (75 mg/mq) o carboplatino (AUC 5) + pemetrexed (500 mg/mq) ogni 3 settimane per un massimo di 6 cicli.
Lo studio era disegnato per avere il 90% di potenza nell’osservare un Hazard Ratio di 0,72 (alfa 0,05) in termini di OS che rappresentava l’obiettivo primario dello studio. Il 77% dei pazienti randomizzati erano maschi, l’età mediana era di 69 anni (range: 64-75), l’80% dei pazienti aveva espressione del PD-L1 superiore all’1%. In entrambi i bracci, circa il 40% dei pazienti ha fatto un trattamento di seconda linea che nel 20% dei pazienti assegnati a chemioterapia è stata una immunoterapia. Ad un follow-up mediano di circa 30 mesi, in questa pubblicazione viene riportata una OS significativamente più lunga con nivolumab + ipilimumab [18,1 mesi (IC 95%: 16,8-21,4)] rispetto alla chemioterapia [14,1 mesi (IC 95%: 12,4-16,2), risultando in un HR di 0,74 [IC 96,6%: 0,60-0,91; p = 0,002). La probabilità di sopravvivenza a 2 anni dalla randomizzazione era del 41% (IC 95%: 35,1-46,5) nel braccio sperimentale e del 27% (IC 95%: 21,9-32,4) nel braccio chemioterapia.
Eventi avversi severi (grado 3-4) si sono osservati rispettivamente nel 30% dei pazienti trattati con la doppietta di immunoterapia e nel 32% dei pazienti trattati con chemioterapia. Si sono avuti 3 casi (1%) di morte per irAEs grado 5 (una polmonite, una insufficienza cardiaca e una encefalite), e un caso di morte per tossicità midollare (meno dell’1%) nel braccio chemioterapia.
Nelle analisi per sottogruppi (non pre-pianificate e quindi da interpretare con estrema cautela) si sono osservati inoltre:
a) nell’istologia sarcomatoide, OS mediana di 18,1 mesi nel braccio sperimentale vs 8,8 mesi con la chemioterapia pari ad un HR di 0,46 (IC 95%: 0,31-0,68);
b) nell’istologia epitelioide, OS mediana 18,7 mesi nel braccio sperimentale vs 16,5 mesi con la chemioterapia pari ad un HR di 0,86 (IC 95%: 0,69-1,08);
c) nei pazienti con PD-L1 superiore all’1%, OS mediana di 18 mesi nel braccio sperimentale vs 13,3 mesi con chemioterapia pari a un HR di 0,69 (IC 95%: 0,55-0,87);
d) nei pazienti con PD-L1 inferiore all’1%, OS mediana di 17,3 mesi nel braccio sperimentale vs 16,5 mesi con la chemioterapia pari ad un HR di 0,94 (IC 95%: 0,62-1,40).
Gli autori concludono che la combinazione di nivolumab e ipilimumab come trattamento di prima linea dei pazienti con mesotelioma pleurico permette di ottenere un miglioramento della sopravvivenza globale statisticamente e clinicamente significativo. Nel commentare le analisi per sottogruppi, gli stessi autori dichiarano che l’evidenza non sia sufficiente per poter considerare il PD-L1 come possibile fattore predittivo utile per la selezione del trattamento. Più rilevante sembra essere il dato dell’efficacia dell’immunoterapia in funzione del sottotipo istologico che necessita comunque di validazione prospettica in studi futuri.
Ad ottobre 2020, sulla base dei risultati di questo studio, la FDA ha approvato l’impiego della combinazione di nivolumab e ipilimumab per la prima linea di trattamento dei pazienti con mesotelioma pleurico mentre la agenzia europea EMA non si è ancora espressa sulla doppietta ipilimumab + nivolumab per questa indicazione.


Paul Baas, Arnaud Scherpereel, Anna K Nowak, Nobukazu Fujimoto, Solange Peters, Anne S Tsao, Aaron S Mansfield, Sanjay Popat, Thierry Jahan, Scott Antonia, Youssef Oulkhouir, Yolanda Bautista, Robin Cornelissen, Laurent Greillier, Francesco Grossi, Dariusz Kowalski, Jerónimo Rodríguez-Cid, Praveen Aanur, Abderrahim Oukessou, Christine Baudelet, Gérard Zalcman

The Lancet, 2021 Jan. 30

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