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Gemcitabine with or without ramucirumab as second-line treatment for malignant pleural mesothelioma (RAMES): a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 2 trial

Il mesotelioma pleurico è una patologia rara ad alta letalità. Il trattamento nello stadio avanzato si è basato finora sull’impiego di una doppietta di chemioterapia con platino e pemetrexed, con una sopravvivenza mediana di circa 12 mesi. A gennaio di quest’anno è stato pubblicato su Lancet lo studio Checkmate 743 in cui veniva riportata la superiorità della combinazione di nivolumab (3 mg/kg ogni 2 settimane) + ipilimumab (1 mg/kg ogni 6 settimane) rispetto allo standard suddetto, con un vantaggio significativo nell’intera popolazione in studio, particolarmente netto nel sottotipo sarcomatoide. Per i pazienti in progressione alla prima linea, invece, nessuno schema ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza; tuttavia, a questi pazienti può essere offerta una mono-chemioterapia a base di gemcitabina, vinorelbina o rechallenge con pemetrexed, con benefici purtroppo marginali. Il nivolumab, invece, in uno studio di fase 3 (CONFIRM) condotto contro placebo in una popolazione fortemente pretrattata, ha dimostrato efficacia nel migliorare sia la sopravvivenza libera da progressione sia la sopravvivenza globale, ma al momento il farmaco non è approvato in Italia in tale indicazione.
Da evidenze precliniche appare rilevante il ruolo dell’angiogenesi nello sviluppo di questa malattia e la potenziale efficacia dell’inibizione di tale meccanismo, anche se in linee successive alla prima alcuni farmaci antiangiogenici sono già stati testati senza successo. Ramucirumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato diretto contro VEGFR-2, attualmente rimborsato in Italia per l’impiego nella pratica clinica nel carcinoma gastrico e testato in numerosi altri tumori solidi.
VEGFR-2 è espresso non solo nel 90% delle cellule di mesotelioma, ma anche sulla superficie dei macrofagi presenti nel microambiente tumorale, considerati peraltro i responsabili della resistenza ai trattamenti chemio- e immunoterapici. Inibire questo recettore sembra permettere lo switch da un ambiente ipossico e resistente ai trattamenti ad un milieu tumorale più sensibile ed immuno-permissivo. In questo contesto nasce lo studio RAMES, trial multicentrico di fase 2, randomizzato e in doppio cieco.
Nello studio, che ha coinvolto 26 centri italiani, venivano arruolati pazienti con ECOG performance status (PS) 0-2 e diagnosi di mesotelioma pleurico in progressione durante o dopo una prima linea con platino e pemetrexed. I pazienti venivano randomizzati ad una seconda linea con gemcitabina 1000 mg/mq giorni 1 e 8 ogni 21 più placebo (nel gruppo di controllo) o ramucirumab (un anticorpo anti-VEGFR2) a 10 mg/mq al giorno 1 di ogni ciclo fino a progressione o a tossicità inaccettabili. La randomizzazione centrale è stata effettuata secondo un algoritmo di minimizzazione, utilizzando i seguenti fattori di stratificazione: PS ECOG, età, istologia e tempo alla progressione della prima linea di trattamento (>/< 6 mesi). L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale. Obiettivi secondari erano la sopravvivenza libera da progressione, il tasso di risposte obiettive, il tasso di controllo di malattia, la sicurezza del farmaco, la qualità di vita dei pazienti e l’eventuale presenza di marcatori predittivi. È stato pianificato di arruolare 156 pazienti per ottenere una potenza pari all’80% ipotizzando un beneficio del trattamento sperimentale del 13% a 1 anno rispetto al braccio standard. Da dicembre 2016 a luglio 2018 sono stati arruolati 165 pazienti, dei quali 161 sono stati correttamente assegnati e hanno ricevuto il trattamento, 83 nel braccio con placebo e 81 nel braccio sperimentale. L’età mediana era di 69 anni, con circa il 40% di ultrasettantenni in entrambi i bracci. Il 74% dei pazienti era di sesso maschile e il 99% aveva un ECOG PS pari a 0-1.
Il database è stato chiuso a marzo 2020 e, dopo un follow-up mediano di 21,9 mesi, la sopravvivenza globale osservata è stata maggiore nel braccio sperimentale (Hazard Ratio 0,71; p = 0,028). Nello specifico, nel braccio con ramucirumab la sopravvivenza mediana è stata di 13,8 mesi contro i soli 7,5 mesi del braccio con placebo e la probabilità di sopravvivenza ad un anno è migliorata dal 33% al 56% con l’aggiunta del ramucirumab. Anche la sopravvivenza libera da progressione è stata maggiore nel braccio sperimentale (mediana 6,4 contro 3,3 mesi), ma senza raggiungere la significatività statistica (p = 0,082). Il controllo di malattia è stato ottenuto nel 73% dei pazienti trattati nel gruppo con ramucirumab versus il 52% nel braccio con placebo.
Da un’analisi post hoc si è riscontrata una durata della risposta di 8,4 mesi nel braccio sperimentale contro 5,4 mesi nel braccio standard. Dall’analisi pre-specificata dei sottogruppi si evince che il vantaggio in sopravvivenza era indipendente dal sottotipo istologico e dal tempo di progressione del tumore alla prima linea.
Non si sono verificate tossicità inattese. Eventi avversi di grado 3-4 sono stati registrati nel 44% dei pazienti trattati con gemcitabina + ramucirumab rispetto al 30% nel braccio con gemcitabina + placebo. In particolare, le tossicità severe più frequenti sono state la neutropenia (20% e 12% rispettivamente nel braccio sperimentale e in quello standard), l’ipertensione arteriosa (6% con ramucirumab, 0 con il placebo) e la fatigue (5% e 4% rispettivamente). Da segnalare anche l’incidenza di eventi tromboembolici (4% e 2%), mentre non si sono verificati eventi emorragici maggiori. I risultati sulla qualità di vita e su eventuali biomarcatori predittivi non sono riportati in questa prima pubblicazione dello studio.
Gli autori concludono che la combinazione con ramucirumab + gemcitabina ha migliorato significativamente la sopravvivenza globale dei pazienti con mesotelioma pleurico in progressione dopo trattamento chemioterapico standard di prima linea, con un profilo di sicurezza favorevole. Appare chiaro, peraltro, che alla luce del nuovo standard di trattamento con la doppietta di immunoterapia nivolumab + ipilimumab, lo schema proposto dallo studio RAMES si inserisce in un contesto terapeutico cambiato rispetto a quello che aveva visto iniziare lo studio: in particolare, lo schema gemcitabina – ramucirumab non è stato testato in pazienti che abbiano ricevuto la combinazione dei 2 immunoterapici. In aggiunta, il panorama del trattamento del mesotelioma pleurico potrebbe ancora cambiare, in attesa dei risultati degli studi randomizzati, a seguito di interessanti dati di fase 2 per la chemio-immunoterapia di prima linea (NCT02899195 e NCT04334759).
Tenuto conto di ciò, il ramucirumab, data la sua azione non solo sulle cellule tumorali, ma anche sull’infiltrato immunitario e sul microambiente tumorale, potrebbe continuare ad avere un ruolo nei pazienti in progressione alla chemio-immunoterapia, ma ulteriori studi dovranno essere condotti.


Carmine Pinto, Paolo Andrea Zucali, Maria Pagano, Federica Grosso, Giulia Pasello, Marina Chiara Garassino, Marcello Tiseo, Hector Soto Parra, Francesco Grossi, Federico Cappuzzo, Filippo de Marinis, Paolo Pedrazzoli, Maria Bonomi, Letizia Gianoncelli, Matteo Perrino, Armando Santoro, Francesca Zanelli, Candida Bonelli, Antonio Maconi, Stefano Frega, Erika Gervasi, Luca Boni, Giovanni Luca Ceresoli

The Lancet Oncology, 2021 Sep. 6

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