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Nivolumab Combination Therapy in Advanced Esophageal Squamous-Cell Carcinoma

Il tumore dell’esofago è responsabile di oltre mezzo milione di decessi in tutto il mondo ogni anno, l’istotipo squamoso rappresenta oltre l’85% dei casi. La maggior parte delle neoplasie esofagee non è suscettibile di trattamento chirurgico alla diagnosi e molti dei pazienti trattati con intento curativo vanno comunque incontro a recidiva di malattia. Il trattamento standard del carcinoma esofageo squamoso avanzato/metastatico si basa oggi su chemioterapia a base di fluoropirimidine e sali di platino. Nonostante tale trattamento la sopravvivenza mediana rimane inferiore ad un anno. Anche in questa neoplasia sono stati riportati benefici con l’utilizzo di inibitori dei checkpoint immunitari in monoterapia o in associazione alla chemioterapia anche in fasi successive di malattia.
Lo studio CheckMate 648 è un trial randomizzato di fase 3 in aperto che ha previsto una randomizzazione 1:1:1 a 3 bracci di trattamento: nivolumab 240 mg ogni 2 settimane + chemioterapia (fluorouracile 800 mg/m2 gg 1->5 + cisplatino 80 mg/m2 g 1 ogni 4 settimane); nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane + ipilimumab 1 mg/kg ogni 6 settimane; sola chemioterapia (fluorouracile 800 mg/m2 gg 1->5 + cisplatino 80 mg/m2 g 1 ogni 4 settimane).
Endpoint primari dello studio erano sopravvivenza libera da progressione (PFS) e sopravvivenza globale (OS), questi venivano dapprima valutati nei pazienti con espressione di PDL1 ≥1% e solo in caso di riscontro positivo l’analisi veniva successivamente estesa alla popolazione generale (comprendente tutti i pazienti randomizzati).
Tra giugno 2017 e novembre 2019 sono stati randomizzati 970 pazienti. Le caratteristiche dei pazienti al basale erano ben bilanciate tra i 3 bracci di trattamento. Va segnalato come circa il 70% dei pazienti era costituito da popolazione asiatica. Circa il 50% dei pazienti presentava una espressione di PDL1≥1%.
Con un follow up minimo di 13 mesi, la OS è risultata significativamente maggiore nel braccio di nivolumab + chemioterapia vs sola chemioterapia sia nei pazienti con PDL1≥1% (mediana 15.4 vs. 9.1 mesi; HR 0.54; 99.5%CI 0.37-0.80; P<0.001) che nella popolazione globale (mediana 13.2 vs. 10.7 mesi; HR 0.74; 99.1%CI 0.58-0.96; P=0.002). Analogamente la combinazione di nivolumab + ipilimumab è risultata significativamente superiore rispetto alla sola chemioterapia sia nei pazienti con espressione di PDL1≥1% (mediana 13.7 vs. 9.1 mesi; HR 0.64; 98.6%CI 0.46-0.90; P=0.001) che nella popolazione generale (mediana 12.7 vs. 10.7 mesi; HR 0.78; 98.2%CI 0.62-0.98; P=0.01).
In termini di PFS è stato osservato un beneficio statisticamente significativo nei pazienti con PDL1≥1% trattati con nivolumab + chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia (mediana 6.9 vs 4.4 mesi; HR 0.65, 98.5% CI 0.46-0.92; P=0.002) ma non nella popolazione globale (HR 0.81, 98.5% CI 0.64-1.04), così come non sono state osservate differenze statisticamente significative per i pazienti trattati con ipilimumab + nivolumab rispetto alla sola chemioterapia sia nella popolazione PDL1≥1% (HR 1.02) che nella popolazione generale (nella quale però non sono state effettuate analisi statistiche dato il criterio gerarchico delle analisi).
Le risposte obiettive sono risultate maggiori nei pazienti trattati con nivolumab + chemioterapia, rispetto a chemioterapia da sola (rispettivamente 53% e 20% in pazienti con PDL1≥1%; 47% e 27% nella popolazione globale). Nella popolazione trattata con nivolumab + ipilimumab le risposte obiettive sono state del 35% e 28% rispettivamente nella popolazione con PDL1≥1% e nella popolazione globale.
Per quanto riguarda gli eventi avversi, la combinazione di nivolumab + chemioterapia ha riportato la percentuale maggiore di eventi avversi di grado ≥3 (47% vs 32% nivolumab + ipilimumab vs 36% sola chemioterapia). In tutti e 3 i bracci di trattamento è stato osservato un 2% di decessi correlati al trattamento. Gli eventi avversi hanno richiesto interruzione del trattamento nel 10%, 18% e 12% rispettivamente per nivolumab + chemioterapia, nivolumab + ipilimumab e chemioterapia da sola.
I PROs sono risultati non significativamente diversi tra i 3 bracci senza un significativo deterioramento durante il trattamento.
Come tutti gli studi basati su un criterio gerarchico per l’esecuzione delle analisi, questo studio purtroppo non permette una valutazione complessiva dei risultati nella popolazione globale. Inoltre manca il confronto tra nivolumab + chemioterapia e nivolumab + ipilimumab che avrebbe permesso di comprendere meglio l’impatto delle diverse strategie di cura.
Con questi limiti, lo studio conferma il beneficio dell’aggiunta di inibitori dei checkpoint immunitari PD/PDL1 alla chemioterapia ed un possibile ruolo dell’immunoterapia da sola in questi pazienti a prognosi particolarmente sfavorevole. Infatti il beneficio assoluto in termini di OS a 1 anno rispetto alla sola chemioterapia per i pazienti trattati con immunoterapia è stato del 10-21% a seconda dei sottogruppi valutati.
Gli autori hanno infine indagato il possibile ruolo di uno score combinato del PDL1 che comprende la valutazione dell’espressione di PDL-1 non solo sulle cellule tumorali ma anche su linfociti e macrofagi e, in linea con quanto già evidenziato da altri studi, ne hanno confermato una possibile miglior capacità predittiva.


Yuichiro Doki, Jaffer A Ajani, Ken Kato, Jianming Xu, Lucjan Wyrwicz, Satoru Motoyama, Takashi Ogata, Hisato Kawakami, Chih-Hung Hsu, Antoine Adenis, Farid El Hajbi, Maria Di Bartolomeo, Maria I Braghiroli, Eva Holtved, Sandra A Ostoich, Hye R Kim, Masaki Ueno, Wasat Mansoor, Wen-Chi Yang, Tianshu Liu, John Bridgewater, Tomoki Makino, Ioannis Xynos, Xuan Liu, Ming Lei, Kaoru Kondo, Apurva Patel, Joseph Gricar, Ian Chau, Yuko Kitagawa, CheckMate 648 Trial Investigators

The New England Journal of Medicine, 2022 Feb 3

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