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Overall survival with first-line atezolizumab in combination with vemurafenib and cobimetinib in BRAFV600 mutation-positive advanced melanoma (IMspire150): second interim analysis of a multicentre, randomised, phase 3 study

Diversi farmaci immunoterapici e a bersaglio molecolare, tra cui gli inibitori di CTLA-4, gli inibitori di PD-1, e gli inibitori di BRAF e MEK, sono stati approvati per il trattamento dei pazienti affetti da melanoma metastatico che presentano mutazioni di BRAF. Sebbene l’utilizzo della target therapy abbia determinato tassi di risposta soddisfacenti, la durata di tale beneficio è breve. Al contrario, l’immunoterapia ha dimostrato tassi di risposta relativamente inferiori, ma di maggiore durata. Pertanto, la combinazione di queste due tipologie di trattamento potrebbe potenzialmente determinare un maggior beneficio in termini di incremento del numero e della durata delle risposte ed in generale della sopravvivenza globale. Dati preclinici e traslazionali hanno dimostrato come l’inibizione di BRAF e MEK possa determinare alcuni cambiamenti a livello del microambiente tumorale, tra cui un’aumentata espressione antigenica e di PD-L1 ed un aumento dell’infiltrato linfocitario tumorale, che possono rendere la neoplasia più sensibile all’inibizione da parte degli inibitori dei checkpoint immunitari. I risultati di studi early-phase hanno inoltre dimostrato un’attività clinica ed un profilo di tossicità maneggevole per le combinazioni di target therapy ed immunoterapia. I risultati dello studio di fase 3 coBRIM, hanno portato all’approvazione della combinazione dell’inibitore di MEK, vemurafenib, con l’inibitore di BRAF, cobimetinib, per il trattamento dei pazienti con melanoma avanzato o metastatico con mutazioni di BRAF V600. Lo studio randomizzato, multicentrico, di fase 3 IMspire150 è stato condotto per confrontare l’efficacia e la sicurezza della tripletta atezolizumab, vemurafenib e cobimetinib versus placebo, vemurafenib e cobimetinib, nei pazienti affetti da melanoma non-resecabile o metastatico, con mutazione di BRAF V600, non precedentemente trattati. Una prima analisi dello studio aveva dimostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS), endpoint primario dello studio, nel gruppo di pazienti trattato con atezolizumab rispetto al placebo (HR 0.78, p=0.025). Ad un follow-up mediano di 18.9 mesi, una prima analisi dei dati di sopravvivenza, sebbene immaturi, ha dimostrato una superiorità numerica ma non statisticamente significativa della overall survival (OS) nel gruppo atezolizumab rispetto al placebo (sopravvivenza globale stimata a 2 anni 60% versus 53%).
In questa seconda analisi ad interim, pre-specificata, Ascierto e colleghi, hanno presentato i dati aggiornati della sopravvivenza globale. La mediana di durata del follow-up è stata di 29.1 mesi per il gruppo atezolizumab (256 pazienti) e 22.8 mesi per il gruppo di controllo (258 pazienti). Complessivamente, 199 pazienti nel gruppo atezolizumab (78%) e 202 (78%) pazienti nel gruppo di controllo hanno interrotto il trattamento. La motivazione principale per l’interruzione dei regimi in studio è stata la progressione di malattia (40% nel gruppo con atezolizumab e 57% nel gruppo di controllo). Alla data del cut-off (8 settembre 2021), 273 pazienti erano deceduti (126 nel gruppo atezolizumab e 147 nel gruppo di controllo). La OS è stata di 39 mesi nei pazienti che hanno ricevuto atezolizumab e 25.8 mesi nel gruppo di controllo (HR 0.84 [95% CI 0.66–1.06], p=0.14). La PFS è stata di 15.1 mesi versus 10.6 mesi nel gruppo con atezolizumab ed in quello di controllo, rispettivamente. I tassi di risposte obiettive sono stati sovrapponibili in entrambi gruppi di trattamento, con una maggiore durata della risposta nei pazienti che hanno ricevuto atezolizumab (21 versus 12.6 mesi). Ad un follow-up più lungo, il profilo di sicurezza nel braccio con atezolizumab è risultato simile a quello evidenziato all’analisi primaria, senza alcun nuovo evento avverso segnalato. Gli eventi avversi di grado 3-4 più comuni sono stati l’aumento della lipasi, l’aumento della creatinfosfochinasi sierica e dell’alanina aminotransferasi. Eventi avversi gravi sono stati riportati in 112 (48%) pazienti nel gruppo atezolizumab e 117 (42%) pazienti nel gruppo di controllo. Due eventi avversi di grado 5 (epatite fulminante ed insufficienza epatica) si sono verificati nel gruppo sperimentale e un solo evento avverso di grado 5 nel gruppo di controllo (emorragia polmonare), considerato associato a cobimetinib.
I risultati maturi di OS riportati in questa seconda analisi ad interim dimostrano pertanto un beneficio maggiore numericamente, ma non statisticamente, significativo per la tripletta atezolizumab, vemurafenib e cobimetinib rispetto al braccio di controllo (placebo, vemurafenib e cobimetinib) per il trattamento dei pazienti con melanoma avanzato o metastatico BRAF-mutato.
La durata mediana del follow-up è stata più breve per i pazienti nel gruppo di controllo (22.8 mesi) rispetto al gruppo atezolizumab (29.1 mesi), probabilmente a causa di un più alto numero di decessi e di interruzioni del trattamento nel braccio di controllo alla data del cut-off. I limiti dello studio sottolineati dagli autori includono l’assenza di identificazione a priori di sottogruppi di pazienti che possano trarre un maggiore beneficio dalla tripletta e la breve durata del follow-up per l’analisi della sopravvivenza globale. Infatti, lo studio di fase II KEYNOTE-022, con un più lungo follow-up (61.2 mesi) ha dimostrato la superiorità, in termini sia di PFS che di OS, della combinazione di pembrolizumab, dabrafenib e trametinib rispetto a placebo, dabrafenib e trametinib nei pazienti con melanoma avanzato o metastatico e BRAF V600E/K, non precedentemente trattati. La separazione delle curve dopo i primi 12 mesi di terapia nello studio IMspire150 suggerisce, infatti, un effetto ritardato dell’immunoterapico sulla sopravvivenza.
In conclusione, si attendono i risultati dell’analisi finale per stabilire se la combinazione di atezolizumab, vemurafenib e cobimetinib possa migliorare significativamente l’OS nei pazienti affetti da melanoma avanzato o metastatico con mutazione BRAFV600 non precedentemente trattati.


Prof Paolo A Ascierto, Daniil Stroyakovskiy, Prof Helen Gogas,Prof Caroline Robert, Prof Karl Lewis, Svetlana Protsenko, Rodrigo P Pereira, Thomas Eigentler, Piotr Rutkowski, Lev Demidov, Natalia Zhukova, Prof Jacob Schachter,Yibing Yan, Ivor Caro, Christian Hertig, Cloris Xue, Lieke Kusters, Prof Grant A McArthur, Prof Ralf Gutzmer

The Lancet Oncology, Novembrer 29, 2022

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