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Quality of Life in Men With Prostate Cancer Randomly Allocated to Receive Docetaxel or Abiraterone in the STAMPEDE Trial

Fino a qualche anno fa, il trattamento di prima linea dei pazienti affetti da carcinoma della prostata metastatico ormono-sensibile coincideva con la terapia di deprivazione androgenica. Negli ultimi anni, le prospettive terapeutiche per questi pazienti si sono arricchite grazie alla dimostrazione di efficacia (in termini di prolungamento della sopravvivenza statisticamente significativo e clinicamente rilevante) sia con l’aggiunta della chemioterapia con docetaxel, sia con l’aggiunta di agenti ormonali di nuova generazione.
Tra questi ultimi, il primo a dimostrare un beneficio significativo in questo setting è stato l’abiraterone acetato. Sia per il docetaxel che per l’abiraterone un’evidenza importante è venuta grazie ai risultati dello studio randomizzato STAMPEDE, disegnato e condotto con un approccio “platform”: diversi bracci sperimentali (tra cui appunto quello che prevedeva l’aggiunta del docetaxel e quello che prevedeva l’aggiunta dell’abiraterone) si sono confrontati con il braccio standard, vale a dire con la sola terapia di deprivazione androgenica.
Pur non essendo stato concepito e dimensionato per un confronto diretto tra docetaxel e abiraterone, nello studio STAMPEDE tra il 2011 ed il 2013 erano contemporaneamente aperti sia il braccio con docetaxel che il braccio con abiraterone, e questo consente quindi un confronto “testa a testa” molto interessante tra 2 approcci molto diversi per modalità di somministrazione, tollerabilità e durata del trattamento. Quando esistano, in una medesima indicazione terapeutica, 2 terapie dalle caratteristiche diverse, potenzialmente di pari efficacia, il confronto in termini di qualità di vita assume una grande rilevanza per le scelte.
L’analisi recentemente pubblicata dal Journal of Clinical Oncology, che era stata già presentata nel 2020 all’ASCO GU, ci consente appunto di vedere i risultati dell’analisi di qualità di vita dello studio STAMPEDE, per l’appunto focalizzati sul confronto tra ADT + docetaxel e ADT + abiraterone.
Il protocollo prevedeva la compilazione del questionario EORTC QLQ-C30 (core) e del modulo specifico per la prostata PR25. L’outcome primario del confronto tra docetaxel e abiraterone era la differenza in qualità di vita globale, misurata mediante le domande 29 e 30 del questionario EORTC C30. Il confronto è stato condotto nell’arco dei primi 2 anni dalla randomizzazione. L’analisi include 515 pazienti (173 trattati con docetaxel in aggiunta all’ADT e 342 trattati con abiraterone in aggiunta all’ADT). Le caratteristiche basali dei pazienti inseriti nei diversi bracci erano simili: poco più di metà erano pazienti metastatici alla diagnosi, e una minoranza di pazienti aveva una malattia localmente avanzata non metastatica. Nell’arco dei 2 anni successivi alla randomizzazione, i punteggi medi di qualità di vita globale sono risultati superiori per i pazienti trattati con abiraterone rispetto a quelli che ricevevano docetaxel (+3,9 punti; intervallo di confidenza al 95% [IC 95%]: +0,5 – +7,2; p = 0,022). Le differenze tra i 2 trattamenti, in qualità di vita globale, sono risultate più marcate (a favore del trattamento con abiraterone rispetto al docetaxel) nel corso del primo anno (+5,7 punti; IC 95%: +3,0 – +8,5; p < 0,001), in particolare a 12 settimane (+7,0 punti; IC 95%: +3,0 – +11,0; p = 0,001) e a 24 settimane (+8.3 punti; IC 95%: +4,0 – +12,6; p < 0,001). L’analisi degli altri domini e items ha evidenziato un punteggio favorevole per i casi trattati con abiraterone, rispetto al docetaxel, in alcune scale funzionali (in particolare physical functioningrole functioning e social functioning), nonché in termini di dolore e di fatigue.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che il confronto tra l’aggiunta del docetaxel e l’aggiunta dell’abiraterone alla terapia di deprivazione androgenica produce, in termini di qualità di vita, risultati migliori con la terapia ormonale rispetto alla chemioterapia. L’analisi dell’intero periodo di 2 anni ha evidenziato una differenza che, nel complesso, non supera la soglia di rilevanza clinica precedentemente definita, ma l’andamento nel tempo è chiaramente eterogeneo, con un andamento della qualità di vita significativamente peggiore con il docetaxel nel primo anno (e in particolare nei primi mesi), seguito da un graduale recupero.
In assenza di studi disegnati per un confronto diretto tra la chemioterapia e la terapia ormonale di nuova generazione nel setting di malattia ormonosensibile, questi risultati dello studio STAMPEDE aggiungono un tassello molto interessante alle evidenze disponibili. A margine del commento, vale la pena di sottolineare che, a novembre 2021, il dibattito sulla scelta del miglior trattamento per i pazienti con malattia ormonosensibile rimane in Italia un dibattito “accademico”, in quanto ad oggi il docetaxel rimane l’unica opzione rimborsata nella pratica clinica. Né l’abiraterone né altri farmaci ormonali di nuova generazione sono rimborsati dal servizio sanitario nazionale in questa indicazione, nonostante l’efficacia dimostrata nel prolungare la sopravvivenza globale e l’inserimento in linee guida internazionali, incluse quelle ESMO.


Hannah L Rush, Laura Murphy, Alicia K Morgans, Noel W Clarke, Adrian D Cook, Gerhardt Attard, Archie Macnair, David P Dearnaley, Christopher C Parker, J Martin Russell, Silke Gillessen, David Matheson, Robin Millman, Christopher D Brawley, Cheryl Pugh, Jacob S Tanguay, Robert J Jones, John Wagstaff, Sarah Rudman, Joe M O’Sullivan, Joanna Gale, Alison Birtle, Andrew Protheroe, Emma Gray, Carla Perna, Shaun Tolan, Neil McPhail, Zaf I Malik, Salil Vengalil, David Fackrell, Peter Hoskin, Matthew R Sydes, Simon Chowdhury, Duncan C Gilbert, Mahesh K B Parmar, Nicholas D James, Ruth E Langley

Journal of Clinical Oncology, 2021 Nov 10

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