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Rucaparib or Physician’s Choice in Metastatic Prostate Cancer

Da tempo i farmaci PARP inibitori hanno dimostrato la loro efficacia in pazienti affetti da carcinoma della prostata metastatico e resistente alla castrazione (mCRPC) e portatori di alterazioni nel meccanismo di riparazione del DNA, con una maggior efficacia in pazienti portatori di alterazioni a carico di BRCA1 e 2.
Attualmente in Italia è prevista la possibilità di utilizzare olaparib dopo progressione a precedente terapia ormonale.
Rucaparib, altro PARP Inibitore, ha mostrato un elevato livello di efficacia in questo setting di pazienti precedentemente trattati con terapia ormonale di seconda generazione (inibitori del segnale del recettore androgenico o ARSI) e chemioterapia a base di taxani all’interno dello studio di fase II TRITON2.
Alla luce di questi risultati di attività è stato quindi condotto lo studio di fase III TRITON3, i cui risultati sono stati recentemente presentati in occasione dell’ASCO GU.
Lo studio randomizzato di fase 3 in aperto TRITON3 ha confrontato rucaparib al dosaggio standard di 600 mg bid con un trattamento a scelta dello sperimentatore, che poteva contemplare l’uso di docetaxel o di un ARSI (abiraterone o enzalutamide).
Si trattava di pazienti portatori di mutazione a carico di BRCA1, BRCA2 o ATM, affetti di mCRPC, in progressione dopo una linea di trattamento a base di ARSI.
Va sottolineato come non fossero ammessi pazienti pretrattati con chemioterapia in setting di resistenza alla castrazione, mentre venisse concesso un pregresso trattamento chemioterapico per malattia ormonosensibile. Inoltre, alla luce dei rapidi cambiamenti del panorama terapeutico, il protocollo è stato emendato al fine di includere pazienti pretrattati con ARSI in setting di malattia metastatica ormonosensibile.
Era consentito il crossover a rucaparib dopo progressione di malattia confermata da revisione centralizzata.
Lo studio prevedeva una randomizzazione 2:1 a favore del braccio sperimentale e ha arruolato 405 pazienti da febbraio 2017 a febbraio 2022 (con 4855 pazienti avviati a prescreening o screening).
Il disegno prevedeva l’arruolamento di 400 pazienti al fine di raggiungere una potenza del 90% per osservare un HR di 0.67 a favore del braccio trattato con rucaparib (significatività a due code 0.05).
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione di malattia determinata radiologicamente (rPFS) basata sulla revisione centralizzata delle immagini secondo i criteri RECIST1.1.
Come endpoint secondari principali (definiti key secondary outcomes nel protocollo) sono stati scelti la sopravvivenza globale (OS) e la risposta obiettiva.
Ulteriori outcomes secondari includevano la durata della risposta, il tempo alla progressione PSA, il PSA50 e PSA90 (rispettivamente riduzione del 50% e del 90% dei valori di PSA), e i patient-reported outcomes (PROs) misurati con diverse scale (FACT-P, EQ-5D-5L, Brief Pain Inventory-Short Form).
In questa pubblicazione vengono presentati i dati a 62 mesi: la rPFS è risulta maggiore nel braccio sperimentale sia nella popolazione IIT che nella popolazione BRCA mutata. Analizzando i risultati in base ai sottogruppi: rPFS mediana in pazienti BRCA mut 11.2 mesi vs 6.4 (HR 0.595% CI, 0.36-0.69; p<0.001 log-rank test), nella popolazione ITT 10.2 mesi vs 6.4 mesi (HR 0.61; 95% CI, 0.47-0.80; p<0.001 log-rank test), mentre non sono state osservate differenze significative nel sottogruppo con mutazione ATM 8.1 mesi vs 6.8 mesi (HR 0.95; 95% CI, 0.59-1.52).
Per quanto riguarda l’endpoint secondario di sopravvivenza globale l’analisi condotta a 62 mesi fornisce dati non ancora maturi che, sebbene non siano risultati statisticamente significativi, hanno mostrato una tendenza a favore di rucaparib (mediana OS 24.3 mesi vs 20.8 mesi; HR 0.81 95%CI 0.58-1.12; p=0.21). Gli autori inoltre sottolineano come il 60% dei pazienti del braccio di controllo abbiano effettuato crossover ad un PARP inibitore una volta in progressione di malattia. Questo ha rappresentato un’importante opportunità per i pazienti, ma rende ovviamente più complessa la valutazione dell’impatto del trattamento in termini di sopravvivenza globale.
Benché i pazienti valutabili per la risposta fossero solo il 40%, anche in termini di risposta obiettiva i risultati si sono mostrati a favore del trattamento con rucaparib (35% vs 16%), con efficacia maggiore nei pazienti portatori di mutazione a carico di BRCA (45% vs 17%).
Dal punto di vista della safety non sono emersi dati che si discostino dal profilo di tossicità noto dei farmaci, in particolare gli AEs più frequenti con rucaparib sono risultati essere fatigue, nausea, tossicità ematologica (in particolare anemia), e rialzo transaminasi. Gli eventi avversi hanno portato all’interruzione del trattamento nel 15% e 12% dei pazienti nel braccio di trattamento sperimentale e di controllo rispettivamente.
Rispetto alla misurazione dei PROs i due bracci hanno performato in maniera sostanzialmente sovrapponibile, non documentando differenze significative nei punteggi dei questionari somministrati.
In conclusione, lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario, dimostrando la superiorità in termini di rPFS del trattamento con rucaparib in particolare a favore dei pazienti portatori di mutazione di BRCA1 e BRCA2.
Sicuramente alcuni dei più interessanti punti di forza dello studio TRITON3 risiedono nella possibilità di utilizzare il docetaxel come trattamento di controllo (che ha rappresentato il trattamento di scelta nel braccio di controllo nel 56% dei casi) e nell’emendamento che ha permesso l’inclusione di pazienti pretrattati con ARSI in setting ormonosensibile rendendo lo studio maggiormente in linea con l’attuale armamentario terapeutico. Infatti, molti altri studi condotti nel medesimo setting prevedevano come confronto unicamente terapie ormonali di seconda generazione in pazienti pretrattati e in progressione alla medesima strategia terapeutica.


Karim Fizazi, Josep M Piulats, M Neil Reaume, Peter Ostler, Ray McDermott, Joel R Gingerich, Elias Pintus, Srikala S Sridhar, Richard M Bambury, Urban Emmenegger, Henriette Lindberg, David Morris, Franco Nolè, John Staffurth, Charles Redfern, María I Sáez, Wassim Abida, Gedske Daugaard, Axel Heidenreich 1, Laurence Krieger, Brieuc Sautois, Andrea Loehr, Darrin Despain, Catherine A Heyes, Simon P Watkins, Simon Chowdhury, Charles J Ryan, Alan H Bryce; TRITON3 Investigators

The New England Journal of Medicine, 2023 Feb. 23

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