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Short-course radiotherapy followed by chemotherapy before total mesorectal excision (TME) versus preoperative chemoradiotherapy, TME, and optional adjuvant chemotherapy in locally advanced rectal cancer (RAPIDO): a randomised, open-label, phase 3 trial

Diversi studi clinici hanno valutato l’efficacia di un trattamento “total neoadjuvant” con chemio-radioterapia e chemioterapia di consolidamento prima della escissione totale del mesoretto (TME) nel management dei pazienti con carcinoma del retto localmente avanzato rispetto alla strategia standard che prevede un trattamento chemio-radioterapico neoadiuvante seguita da chirurgia TME ed eventuale chemioterapia neoadiuvante. Dagli studi prospettici randomizzati non è emerso una differenza statisticamente significativa in termini di risposta patologica completa (pCR), sopravvivenza libera da malatttia (DFS) e sopravvivenza globale (OS) nell’utilizzo della chemioterapia di consolidamento in neoadiuvante dopo un trattamento chemio-radioterapico.
Lo studio RAPIDO, uno studio di fase 3, open-label, multicentrico, randomizzato, controllato, ha valutato l’efficacia del trattamento chemioterapico prima della chirurgia e dopo radioterapia short-course neoadiuvante, su pazienti affetti da neoplasia del retto in stadio avanzato ad alto rischio (ad esempio cT4a o cT4b, invasione vascolare extramurale, cN2, coinvolgimento della fascia mesorettale).
Lo studio ha randomizzato 920 pazienti (912 considerati eleggibili), di cui 462 arruolati nel braccio sperimentale che prevedeva dopo radioterapia short-course (5×5 Gy per massimo 8 giorni) un trattamento chemioterapico di consolidamento (6 cicli di CAPOX o 9 cicli di FOLFOX4) seguita da chirurgia TME, e 450 pazienti nel braccio di trattamento standard nel quale i pazienti ricevevano chemio-radioterapia concomitante neoadiuvante (1,8 Gy per 28 frazioni o 2,0 Gy per 25 frazioni e capecitabina 825 mg/mq) seguita dall’intervento di TME ed eventuale trattamento adiuvante a scelta del clinico.
I risultati dello studio sono stati pubblicati a gennaio 2021 su Lancet Oncolog con un follow-up di 4,6 anni ed hanno mostrato un beneficio del trattamento chemioterapico neoadiuvante, rispetto ai pazienti trattati secondo lo standard clinico, evidenziando una riduzione statisticamente significativa del rischio di ripresa di malattia a tre anni (ridotto dal 30,4% al 23,7%; p = 0,019) impattata soprattutto da una minore probabilità di metastasi a distanza (20,0% vs 26,8%; p = 0,0048) con un riscontro di risposte patologiche complete raddoppiato per i pazienti del braccio sperimentale (28% vs 14%; p<0.0001). Tuttavia, nel trattamento sperimentale la percentuale di ypT4 è risultata più alta rispetto al trattamento standard (9% vs 6%), così come il tasso di ricorrenza locoregionale (3% vs 1%). Nessuna differenza statisticamente significativa in termini di OS è stata osservata, ma potrebbe essere utile un follow-up più lungo fino a 10 anni, come da protocollo.
La riduzione del rischio di metastasi a distanza potrebbe essere spiegata da una maggiore compliance alla chemioterapia preoperatoria nel gruppo sperimentale rispetto alla chemioterapia adiuvante (ricevuta da meno della metà della popolazione) nell’eradicare la presenza di micrometastasi. La maggiore probabilità, invece, di relapse locoregionale potrebbe essere correlato al più lungo periodo intercorso tra radioterapia e chirurgia nel braccio sperimentale rispetto al trattamento standard, che potrebbe risultare svantaggioso per quella piccola quota di pazienti non-responding e che potrebbe progredire durante il trattamento neoadiuvante. Pertanto, probabilmente, una valutazione radiologica precoce potrebbe essere utile per individuare questo gruppo di pazienti. Gli stessi Autori concludono riconoscendo una serie di limitazioni dello studio tra cui il cambiamento dell’endpoint primario perché la DFS fu considerata inappropriata nel setting neoadiuvante di pazienti con carcinoma del colon-retto avanzato ad alto rischio; inoltre, un’altra limitazione è rappresentata dall’assenza di una revisione centrale delle immagini RMN che potrebbe aver aumentato il rischio di bias nella stadiazione iniziale sia in termini di sovrastima che sottostima.
Questo nuovo approccio terapeutico, seppur con i limiti citati, potrebbe offrire un vantaggio nei pazienti con neoplasia del retto localmente avanzata ad alto rischio nel ridurre il rischio di ripresa di malattia e di metastasi a distanza, inducendo un maggiore tasso di pCR che potrebbe tradursi in una maggiore possibilità di preservazione d’organo. Tuttavia una valutazione radiologica precoce potrebbe essere indispensabile nell’individuare tempestivamente quella percentuale di pazienti non-responder da avviare alla chirurgia.


Renu R Bahadoer, Esmée A Dijkstra, Boudewijn van Etten, Corrie A M Marijnen, Hein Putter, Elma Meershoek-Klein Kranenbarg, Annet G H Roodvoets, Iris D Nagtegaal, Regina G H Beets-Tan, Lennart K Blomqvist, Tone Fokstuen, Albert J Ten Tije, Jaume Capdevila, Mathijs P Hendriks, Ibrahim Edhemovic, Andrés Cervantes, Per J Nilsson, Bengt Glimelius, Cornelis J H van de Velde, Geke A P Hospers, RAPIDO collaborative investigators

The Lancet Oncology, 2021 Jan.

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