Al congresso ASCO sono stati portati i risultati di interessanti studi condotti nei tumori gastrointestinali.
In particolare, è stata condotta una sessione orale con nove presentazioni che hanno riguardato prevalentemente l’utilizzo di immunoterapia nei tumori gastroesofagei e il trattamento chemioterapico intra-arterioso epatico nell’epatocarcinoma.
Tre presentazioni (Checkmate 648, ESCORT-1st e Checkmate 649) hanno evidenziato un beneficio dall’aggiunta di anticorpi inibitori di checkpoint immunitari alla chemioterapia in pazienti con carcinomi esofago-gastrici avanzati. In particolare, la studio Checkmate 649 ha avuto un aggiornamento dei dati confermando che la combinazione di Nivolumab e chemioterapia aumenta la sopravvivenza rispetto a sola chemioterapia in pazienti con adenocarcinomi dell’esofago, giunzione esofago-gastrica o stomaco (sopravvivenza mediana di 13.8 verso 11.6 mesi con HR 0.80 in tutta la popolazione arruolata in studio, 14.4 verso 11.1 mesi con HR 0.70 nella popolazione selezionata per espressione combinata di PD-L1 > 5%). Dati similari sono stati ottenuti anche con nei carcinomi squamosi dell’esofago sempre con Nivolumab (studio Checkmate 648) a anche con Camrelizumab (studio ESCORT-1st). Sono stati presentati anche 2 studi che hanno valutato l’aggiunta di immunoterapia in stadi più precoci, come nel trattamento adiuvante nei carcinomi dell’esofago o giunzione gastroesofagea già trattati con chemio-radioterapia e resecati (aggiornamento dello studio Checkmate 577) e come trattamento preoperatorio in combinazione a chemioterapia e radioterapia in un piccolo studio di fase 2 americano in cui si dimostra che il trattamento è fattibile e attivo, portando una percentuale interessante di risposte patologiche maggiori del 53%.
Sempre nell’ambito del trattamento preoperatorio sono stati anche presentati i risultati preliminari dello studio Neo-Aegis che ha confrontato un trattamento preoperatorio con chemioradioterapia (regime CROSS) o con sola chemioterapia, dimostrando che non sembrano esserci differenze in sopravvivenza (pur a un follow up limitato) ma che la chemioradioterapia migliori alcuni end point correlati alla risposta locale (risposte patologiche, resezioni R0, tasso di positività linfonodale).
Sono stati poi presentati due studi randomizzati che hanno valutato l’uso di chemioterapia intra-arteriosa epatica con 5-Fluorouracile e Oxaliplatino in pazienti con HCC avanzato in confronto con Sorafenib e in pazienti con HCC in stadio intermedio ma con impegno epatico più avanzato rispetto ai criteri di Milano. In entrambi gli studi, la chemioterapia intra-arteriosa si è dimostrata superiore al trattamento standard (Sorafenib in stadio avanzato, intervento in stadio più precoce).
Ultima presentazione orale in ambiato gastrointestinale no colon-retto è stata la presentazione di uno studio di fase 2 randomizzato nei tumori delle vie biliari avanzati (studio NIFTY), già trattati con chemioterapia a base di gemcitabina e cisplatino, che ha valutato la combinazione di 5-Fluorouracile/Acido Folinico e Nal-Irinotecan verso solo 5-Fluorouracile e Leucovorin dimostrando interessante attività (RR circa 15% e PFS mediana 7.1 mesi, valutate con revisione centralizzata) e sopravvivenza (mediana 8.6 mesi).
Enrico Vasile