Notiziario AIOM

IV INDAGINE AGENAS SULLO STATO DI ATTUAZIONE DELLE RETI ONCOLOGICHE REGIONALI

Pubblicato il Rapporto sintetico di monitoraggio 2020

Giordano Beretta, Presidente Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM):

“Le Reti possono essere una garanzia di uguale accesso alle cure, di appropriatezza e razionalizzazione dei servizi. E devono avere caratteristiche fondamentali, condivise da tutti, come i centri di accesso periferici, che sono un requisito essenziale”

AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) ha presentato lo scorso 30 marzo il “Rapporto sintetico di monitoraggio delle reti oncologiche regionali 2020”, che descrive sinteticamente i risultati della Quarta Indagine nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali (R.O.R.), condotta utilizzando una Griglia di rilevazione e valutazione della funzionalità quali-quantitativa e dello stato di implementazione della rete oncologica, disponibile on-line sul sito istituzionale di AGENAS e compilata dalle singole Regioni e Province Autonome nel corso del secondo semestre 2020. La Griglia è stata condivisa con i Tavoli tecnici delle reti oncologiche regionali, istituiti ai sensi delle previsioni del D.M. 70/2015 e contiene 142 item suddivisi in quattro Aree tematiche: struttura di base, meccanismi operativi, processi sociali, risultati. Durante il convegno, sono state illustrate le esperienze delle reti oncologiche regionali del Veneto e della Toscana.

I numeri del rapporto: 8 Regioni prevedono la seconda opinione

Ecco i dati principali: 17 Regioni/Province autonome su 21 hanno formalizzato l’esistenza di un organismo di governo della rete (Gruppo di coordinamento, coordinamento, consiglio) e 15 hanno individuato il Coordinatore. Dodici hanno definito i punti di accesso dei pazienti alle reti: in Toscana, ad esempio, dove la ROR è ormai consolidata, sono presenti 21 “porte di accesso”. Otto Regioni, inoltre, prevedono il diritto del paziente a una seconda opinione come prestazione gratuita all’interno della rete stessa, individuando anche una figura professionale di riferimento. Solo per 11 esiste un sito web. Per quanto riguarda i Registri Tumori Regionali, solo una Regione non l’ha ancora attivato. “Superare la frammentarietà del percorso di cura e il disorientamento del paziente – ha sottolineato Enrico Coscioni, Presidente di AGENAS, nel corso della presentazione dell’indagine – sono gli obiettivi che dobbiamo porci attraverso lo sviluppo delle reti oncologiche, ormai presenti su tutto il territorio nazionale, grazie soprattutto alla preziosa collaborazione tra tutti gli attori coinvolti a vario titolo nelle reti. L’attività di analisi, che l’Agenzia sta portando avanti attraverso l’osservatorio sulle reti, può contribuire notevolmente a rafforzare e rendere omogenea la diffusione di un modello di assistenza integrato e multidisciplinare che metta in relazione i diversi setting assistenziali”.

Dal modello Hub&Spoke al PDTA

Diversi i modelli organizzativi e di gestione adottati: i più diffusi sono quello Hub&Spoke (in Valle d’Aosta, Trento e Bolzano, Veneto, Umbria, Puglia, Calabria e Sicilia) e il Comprehensive Cancer Care Network (in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna). Molte Regioni presentano modelli misti. Sul fronte della presa in carico del paziente, tutte prevedono l’attivazione di una équipe multidisciplinare e di un percorso integrato. I PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali definiti per ciascuna patologia), protocolli, linee guida e criteri sono ormai definiti nella maggior parte delle Regioni. Solo 5 non li prevedono formalmente (a livello regionale): Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Sardegna, Molise e Basilicata.

Dal centro alla periferia

Ancora sul fronte del territorio: percorsi assistenziali che garantiscano la continuità assistenziale per i pazienti all’interno della ROR, anche in collegamento con il medico di medicina generale e con i servizi socio-sanitari locali, sono presenti in 16 Regioni/PA e 13 hanno formalizzato le modalità di integrazione operativa e informativa tra attività ospedaliere e attività territoriali socio-sanitarie. “Le reti oncologiche regionali possono essere una garanzia di uguale accesso alle cure di uguale qualità, di standard assistenziali, di appropriatezza, di razionalizzazione dei servizi, dell’integrazione dei PDTA, che sono uno strumento della rete”, ha affermato Giordano Beretta, Presidente nazionale Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM): “E’ evidente che le reti devono tener conto del contesto di ogni territorio regionale, ma devono esserci delle caratteristiche fondamentali, condivise da tutti, come i centri di accesso periferici, che sono un requisito essenziale”.

Manca il monitoraggio

Solo 5 Regioni, però, redigono annualmente un rapporto sui risultati del monitoraggio dei PDTA sviluppati dalla rete e degli audit effettuati, e prevedono una valutazione formalizzata e periodica della continuità di cura. Appena 4 monitorano l’integrazione dei servizi e delle cure dal punto di vista dei professionisti. Nove, infine, realizzano una valutazione formalizzata e periodica a livello di rete del grado di umanizzazione delle cure e 8 dell’esperienza del paziente. “I processi di monitoraggio sono un’area critica che necessita di essere migliorata molto”, ha spiegato Alessandro Ghirardini, coordinatore dell’Osservatorio per il monitoraggio delle Reti Oncologiche regionali, durante la presentazione della survey. “Le informazioni che stiamo presentando sono in continuo aggiornamento e verranno sicuramente aggiornate: il senso di questa attività è indicare al sistema una direzione per il miglioramento”.

Attività di ricerca e finanziamento

Dieci Regioni prevedono la presenza di un comitato scientifico che abbia il compito di valutare i progetti di ricerca da sviluppare; 8 prevedono finanziamenti ad hoc per la ricerca; 2 dichiarano che esiste un laboratorio di ricerca specifico della rete. Ultimo, ma non per importanza, la questione del finanziamento della rete: solo 8 Regioni dichiarano che la costituzione della ROR prevede modalità formalizzate di finanziamento ad hoc, di individuazione di un responsabile o di una struttura responsabile del finanziamento, di gestione di tali finanziamenti e di monitoraggio del loro utilizzo, anche con un piano economico-finanziario che assicuri la sostenibilità delle strategie di continuità operativa.

Come è stata condotta l’indagine

L’indagine di AGENAS è stata condotta sulla base di una griglia di valutazione che tiene conto di 142 parametri inerenti a 4 ambiti: struttura di base della rete, meccanismi operativi, processi sociali, risultati. Per ogni Regione/PA è stata fatta una valutazione di ciascuna di queste aree (con un punteggio espresso in percentuale) per gli anni 2019 e 2020. Inoltre, è stato elaborato un “Indice sintetico complessivo” (Isco, sempre espresso in percentuale) che indica se la “funzionalità” della rete è bassa, media o alta. I risultati integrali saranno pubblicati online.

L’oncologia

Per quanto riguarda l’oncologia e le ripercussioni legate al Covid-19, “una volta superata la pandemia e tornati alla normalità sarà necessaria una ripartenza che deve mettere in primo piano le problematiche dei malati oncologici. E su questo credo che la costituzione delle reti oncologiche – in tutte le Regioni con i modelli che abbiamo presentato e con l’ausilio e la presenza delle associazioni dei malati – sicuramente farà bene al nostro Paese. Questo è l’obiettivo di AGENAS e del mondo che lavora nel settore dell’oncologia”, ha concluso il Direttore Generale di AGENAS, Domenico Mantoan. “AGENAS, in questo campo, diventa la rete delle reti. Compito dell’Agenzia è certificare le buone pratiche organizzative e fare in modo che queste vengano replicate nelle Regioni rimaste indietro. Abbiamo anche convenzioni, come in Basilicata, dove stiamo aiutando la Regione a costruire la rete. Questo fa l’AGENAS, e in questo riteniamo che le associazioni dei pazienti abbiano un ruolo decisivo”.