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Conversazione con Julio Frenk, MD, PhD, MPH, University of Miami. COSTRUIRE UNA “MIGLIORE NORMALITÀ” DI CURA ONCOLOGICA PER RAFFORZARE LA SICUREZZA SANITARIA GLOBALE DOPO LA PANDEMIA DI COVID-19

Durante la sessione di apertura dell’Annual Meeting ASCO 2021, Julio Frenk, MD, PhD, MPH, Presidente della University of Miami, ha presentato gli effetti devastanti della pandemia globale di COVID-19 sui pazienti oncologici e sui sistemi sanitari fragili e frammentati, che hanno contribuito ad innalzare la mortalità per il virus

Il dott. Frenk ha affermato che l’attuale pandemia è senza precedenti, e diversa da ognuna delle quattro che l’hanno preceduta, in cui ha ricoperto un ruolo decisionale. “La sua rilevanza – ha affermato il dott. Frenk -, le conseguenze economiche e i disordini sociali alimentati dalle disparità che ha messo a nudo sono impareggiabili e hanno generato un’attenzione mai vista prima alla nostra comune fragilità derivante dai rischi per la salute”.

Invece di tornare allo status quo dopo gli sconvolgimenti dell’attuale emergenza o passare a una “nuova normalità” che comprenda infrastrutture più accessibili e focalizzate sul paziente, l’assistenza oncologica dopo la pandemia di COVID-19 dovrebbe contemplare una “migliore normalità” di cura. Secondo il dott. Frenk, non dovrebbe solo adeguarsi alle innovazioni sviluppate durante la crisi, ma anche occuparsi delle disuguaglianze sociali e rafforzare i sistemi di sicurezza sanitaria globale.

Nella sua presentazione all’ASCO, il dott. Frenk ha lanciato tre messaggi alla comunità oncologica come baluardo contro future emergenze sanitarie.

Sebbene il bilancio globale delle vittime direttamente attribuito all’epidemia di COVID-19 ammonti ad agosto 2021 a quasi 4.300.000,1 un numero imprecisato di persone è morto per cause indirette, come i ritardi delle diagnosi e dei trattamenti di malattie gravi, compreso il cancro. “In risposta a un’emergenza sanitaria, le strategie – ha aggiunto il dott. Frenk – dovrebbero non solo prevedere misure dirette al pericolo imminente, ma anche soluzioni che garantiscano la possibilità di trattare altre malattie gravi e fattori di rischio”.

La pandemia ha accelerato i cambiamenti dei sistemi sanitari che hanno mostrato disuguaglianze sociali, debolezze strutturali del sistema sanitario e lacune nella gestione della sicurezza sanitaria; ma anche collaborazione scientifica esemplare, innovazione nell’offerta di assistenza sanitaria e maggiore attenzione alla interdipendenza globale. Rafforzare i sistemi sanitari a livello mondiale e garantire l’accesso all’assistenza sanitaria di qualità per tutti i pazienti oncologici aiuterebbe a ridurre la mortalità specifica, specialmente nei Paesi con risorse limitate.

Per rispondere più velocemente e in modo più efficace alle sfide sanitarie globali, i Paesi dovrebbero sviluppare e mettere in atto un nuovo patto sociale globale che preveda innovazioni di sanità pubblica e migliori strutture giuridiche e istituzionali.

In un’intervista ad ASCO Post, il dott. Frenk ha diffuso questi messaggi e la necessità urgente di un nuovo patto sociale internazionale per essere meglio preparati ad affrontare le future crisi sanitarie globali causate dall’aumento dei tumori, dal cambiamento climatico, dalle disuguaglianze sociali e dalle pandemie.

Valutare le conseguenze dal punto di vista fisico e finanziario del COVID-19

In cosa questa pandemia differisce da altre pandemie globali cui ha assistito? In che modo ha messo in evidenza la debolezza dei sistemi sanitari globali, specialmente quello americano?

Questa è la quinta pandemia in cui sono stato coinvolto; è molto diversa da quanto visto finora per l’intensità e l’entità del danno che ha prodotto. Il COVID-19 ha velocemente fagocitato il mondo intero. Il primo caso di coronavirus è stato riportato a Wuhan, in Cina, il 31 dicembre 2019 e, già tre mesi dopo, l’11 marzo 2020 è stata dichiarata la pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Quindi, questo è uno degli elementi della particolare natura di questo virus. Il secondo elemento è la velocità con cui le conseguenze economiche delle misure iniziali di contenimento della pandemia si sono diffuse nel mondo e l’interdipendenza delle economie mondiali, che hanno creato una recessione globale mai vista dalla Grande Depressione degli anni ’30 del secolo scorso. Il terzo elemento è costituito dall’estensione con cui queste crisi hanno innescato vari episodi di disagio sociale, particolarmente drammatico negli Stati Uniti, con nuove mobilitazioni di protesta per la giustizia razziale. È l’insieme di questi tre elementi che rende questa pandemia diversa da qualsiasi altra crisi sanitaria che ho vissuto finora.

Passando ora agli aspetti positivi, la velocità a cui siamo riusciti a sequenziare l’intero genoma del virus e a sviluppare un vaccino sicuro ed efficace è senza precedenti. Possiamo solo immaginare il senso di vulnerabilità e preoccupazione causato dalla pandemia di influenza del 1918, perchè non c’erano mezzi per capire la natura del virus o trovare soluzioni per limitarne l’impatto.

Per quanto riguarda il modo in cui questo virus ha messo in rilievo la vulnerabilità dei sistemi sanitari, in particolare negli Stati Uniti, voglio sottolineare che ha evidenziato la divisione in due principali sottosistemi sanitari: quello pubblico, che si occupa di temi legati alla popolazione, e il sistema sanitario clinico (o della salute) che affronta la diagnosi delle malattie e le misure terapeutiche riabilitative e palliative individuali.

Ciò che la pandemia ha messo in rilevo nel sistema sanitario pubblico, che comprende un mosaico di agenzie locali, statali e federali, è la frammentazione dell’assistenza sanitaria, che porta a uno scarso coordinamento tra le agenzie e causa ritardi nei test per la rilevazione del virus. Tutto questo ha inoltre portato a investimenti insufficienti per solidi programmi di sorveglianza e risposta all’emergenza.

Dal punto di vista clinico, gli sforzi per ridurre l’esposizione dei pazienti al virus hanno prodotto ritardi negli screening oncologici, diagnosi e terapie che si tradurranno in un aumento dei tassi di mortalità per cancro nel prossimo decennio.

Questi due sottosistemi devono funzionare all’unisono. Al contrario, è stata evidenziata una spaccatura.

Cosa abbiamo imparato sull’assistenza in oncologia

Quale sarà l’effetto a lungo termine della pandemia di COVID-19 sull’assistenza oncologica? Cosa abbiamo acquisito per cercare di migliorarla in caso di emergenze future?

Quando si affronta un nuovo agente patogeno come il coronavirus, per definizione, non si sa che impatto possa avere sulla salute pubblica. Possiamo anticipare alcuni potenziali comportamenti del virus suggeriti dall’esperienza di altre pandemie, ma ogni nuovo agente patogeno è unico e quell’incertezza porta ad adottare misure comprensibili.

All’inizio della pandemia di COVID-19 negli Stati Uniti e in altri Paesi è stata introdotta una moratoria sulle cosiddette procedure elettive; non sapevamo cosa sarebbe successo e avevamo bisogno della completa disponibilità di posti letto in ospedale per curare i pazienti infettati dal coronavirus. Volevamo anche proteggere dall’infezione i pazienti e il personale. La moratoria ha causato ritardi nella scoperta e diagnosi precoce e nei trattamenti oncologici; ha inoltre portato a quella che gli epidemiologi chiamano “mortalità in eccesso” – il numero di decessi per tutte le cause durante una crisi, al di là di quelli previsti in condizioni normali.

Per esempio, uno studio di Maringe e colleghi ha analizzato l’impatto dei ritardi delle diagnosi sugli esiti di sopravvivenza in Inghilterra a causa della pandemia di COVID-19. È stato riferito un aumento stimato dall’8% al 9,6% dei decessi per tumore del seno e dal 15% al 16% nei decessi per tumore del colon-retto, rispetto ai numeri pre-pandemia.2

La moratoria ha anche indotto le persone a considerare gli ospedali e le cliniche come luoghi pericolosi. Le persone, anche con gravi condizioni di salute, come sintomatologie dovute al cancro o altre malattie come quelle cardiache, si sono rifiutate di andare in ospedale perchè non si sentivano sicure. Quindi, la lezione che abbiamo imparato secondo me è che i programmi per individuare e rispondere in modo efficace alle future pandemie dovrebbero comprendere azioni volte a non aggravare il bilancio delle vittime della pandemia con un eccesso diretto di mortalità.

Affrontare le minacce “gemelle” di cambiamento climatico e pandemie

Anche se gli scienziati hanno continuato ad allertare sulle conseguenze nefaste di questa pandemia globale, numerosi Paesi, compresi gli Stati Uniti, hanno reagito con lentezza nella realizzazione di strategie di contenimento della diffusione del virus. Come si può garantire una maggiore cooperazione globale in futuro per affrontare le crisi sanitarie comuni, compresi gli effetti del cambiamento climatico, sull’assistenza oncologica e altre malattie gravi?

Dobbiamo renderci conto che il cambiamento climatico e le pandemie hanno una radice comune che consiste nel modo offensivo con cui gli esseri umani trattano il pianeta, che condividiamo con altre forme di vita, anche se le conseguenze del loro impatto sono molto diverse. Le pandemie sono eventi molto rapidi con conseguenze immediate. Gli effetti del cambiamento climatico si manifestano lentamente e sono perciò meno drammatici, il che rende più difficile convincere le persone a reagire, ma entrambi i disastri sono devastanti.

La gente crede che le pandemie siano eventi naturali, ma non è vero. Sono antropogenici come il cambiamento climatico, perchè tutte le pandemie che conosciamo sono malattie zoonotiche; hanno origine negli animali e, superando le barriere di specie, arrivano all’uomo a causa del modo non sostenibile di produrre il cibo e dei sistemi di allevamento intensivo. Le ultime emergenze di influenza aviaria hanno avuto origine dalle condizioni troppo affollate degli allevamenti di polli che si sono poi estese all’uomo. La promiscuità e le condizioni malsane nei mercati di animali vivi (wet markets) in tutto il mondo sono incubatori di malattie, compreso quello di Wuhan, in Cina, dove molto probabilmente ha avuto origine l’attuale pandemia. Quasi vent’anni fa, un’altra epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS) da coronavirus si è diffusa da un mercato di animali vivi in Cina. È incredibile come non abbiamo imparato nulla dall’esperienza della SARS e non abbiamo realizzato politiche che affrontassero le condizioni che stanno alla base dell’insorgenza delle pandemie, tra cui la presenza sempre maggiore di esseri umani che vivono in prossimità di grandi popolazioni animali.

Gli eventi climatici estremi a cui stiamo assistendo a causa del cambiamento climatico sono tutte manifestazioni degli stessi comportamenti non sostenibili con cui trattiamo il pianeta. Attraverso il cambiamento climatico e le pandemie, dobbiamo capire che queste minacce sono condivise da tutti e quindi richiedono una cooperazione globale per essere risolte.

Le sfide globali come la pandemia di COVID-19 possono essere affrontate con soluzioni a livello mondiale. Pensare di erigere barriere intorno al proprio Paese per isolarlo non è fattibile al mondo d’oggi. Dobbiamo sentirci coinvolti globalmente, ma sono necessarie nuove forme di collaborazione che rispettino le regole concordate da tutti i Paesi. Se una sola nazione non segue le regole, mette a rischio il resto del mondo.

Abbiamo già a disposizione una serie di regolamenti internazionali, le International Health Regulations istituite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2005, in vigore in 196 Paesi. Queste regole forniscono una struttura legale omnicomprensiva che stabilisce i diritti e i doveri di ogni Paese nella gestione delle emergenze sanitarie pubbliche che possono superare il confine del proprio Paese. Tuttavia i regolamenti non servono se non ci sono i meccanismi per garantirne l’applicazione.

È necessario creare un nuovo patto sociale globale per rafforzare la sicurezza nelle crisi planetarie emergenti e stabilire incentivi perchè i Paesi si impegnino in quella che chiamerei trasparenza pedagogica. Dobbiamo anche sviluppare e imporre sanzioni per i Paesi che non rispettano le regole e mettono tutti gli altri a rischio, come quelli utilizzati dalla World Trade Organization e dalla International Atomic Energy Agency.

Incentivare l’utilizzo della tecnologia per migliorare l’accesso alle cure oncologiche

Come potrebbe la tecnologia, come l’aumentato utilizzo dei servizi di telemedicina durante la pandemia, migliorare le cure per i pazienti oncologici, specialmente per quelli delle comunità svantaggiate e dei Paesi a basso reddito?

Uno degli aspetti positivi della pandemia è il livello di cooperazione su larga scala degli scienziati, che ha portato alla scoperta di vaccini efficaci contro il coronavirus. Un altro elemento interessante della pandemia è il modo in cui ha stimolato l’innovazione nella gestione dell’assistenza sanitaria, compreso lo sviluppo della telemedicina nell’ultimo anno, che credo sia un punto di svolta. Sebbene la pandemia non abbia creato questa tecnologia, ne ha comunque accelerato l’utilizzo più ampio.

La tecnologia rappresenta un’opportunità di continuare a sviluppare strumenti di alta qualità per l’assistenza sanitaria da remoto, incluse procedure particolari come la chirurgia robotica telecomandata e i dispositivi diagnostici altamente sofisticati da poter essere utilizzati da remoto, con un enorme risparmio dei costi e un grande potenziale di miglioramento dell’accesso. Si può immaginare la possibilità di aumentare l’accesso alla diagnosi precoce del cancro con esami di imaging, per esempio, in cui non è necessaria la presenza di una figura qualificata in ogni Paese, ma è possible interpretare le immagini da remoto e fornire consulenza in tutto il mondo. Inoltre, con l’applicazione dell’intelligenza artificiale e attraverso la collaborazione, possiamo migliorare le capacità umane, non attraverso la sostituzione degli operatori sanitari, ma migliorando le loro competenze e la capacità di trattare i pazienti.

Questa è una delle nuove frontiere dell’innovazione tecnologica che potrà far parte di una ‘migliore normalità’ dopo la pandemia di COVID-19.

Prepararsi alla prossima pandemia globale

Che speranza ha nelle nostre capacità di affrontare in modo più efficace le future crisi sanitarie globali? Qual è la prossima grande sfida che la preoccupa?

Una delle nostre frustrazioni in materia di sanità pubblica è che in caso di pandemia o di crisi sanitaria, possiamo offrire molte risorse durante la fase acuta dell’emergenza, ma, risolta l’emergenza, tutti dimenticano che cosa è successo fino alla crisi seguente. Credo che questa pandemia di COVID-19 sia stata così oppressiva per l’entità del danno che ha causato che, spero vivamente, questa volta metteremo in atto le misure necessarie per assicurarci di non dover assistere ancora a tutte queste malattie e a tutti questi decessi.

È in corso un grande dibattito tra i 194 Stati membri della World Health Assembly sul meccanismo ideale per redigere e negoziare un nuovo trattato internazionale pandemico per migliorare la preparazione e la risposta alle difficoltà evidenziate dalla pandemia di COVID-19 e rafforzare la sicurezza sanitaria globale. Il tema verrà affrontato in una sessione speciale della United Nations General Assembly a settembre e alla World Health Assembly a novembre.

Le piattaforme tecnologiche utilizzate per sviluppare i vaccini a mRNA contro SARS–CoV-2 si possono impiegare per sequenziare il genoma del prossimo virus potenzialmente letale e quindi per produrre specifici test, trattamenti e vaccini in minor tempo e a costi inferiori rispetto a quelli attuali. Quindi, sono molto ottimista, perchè abbiamo a disposizione la maggior parte degli elementi che ci possono rendere meglio preparati per future pandemie.

Ci sono altre minacce all’orizzonte. Stiamo assistendo ai devastanti risultati di eventi climatici estremi, quali inondazioni, incendi, uragani, causati dal cambiamento climatico, che ci preoccupano. L’aumento delle disuguaglianze nel mondo è un altro motivo di incertezza sanitaria nel futuro se non provvediamo a realizzare un nuovo patto sociale a livello globale, come accennato prima.

Dobbiamo affrontare questi temi che chiaramente comprendono il cancro come peso globale della malattia in crescita in tutto il mondo. È necessario che l’accesso alle soluzioni per fronteggiare questi problemi sia distribuito equamente in tutti i Paesi del globo.

ASCO e i suoi membri possono contribuire in modo significativo alla costruzione di una migliore normalità, che il nostro mondo sempre più connesso non può permettersi di ritardare ancora.

Bibliografia
  1. Johns Hopkins University of Medicine: Coronavirus Resource Center. Available at https://coronavirus.jhu.edu/map.html. Accessed September 1, 2021.
  2. Maringe C, Spicer J, Morris M, et al: The impact of the COVID-19 pandemic on cancer deaths due to delays in diagnosis in England, UK: A national, population-based, modelling study. Lancet Oncol 21:1023-1034, 2020.