Notiziario AIOM

I PAZIENTI ONCOLOGICI DEL REGNO UNITO PIÙ A RISCHIO DI MORTE PER COVID-19

Il confronto con gli altri Paesi europei nello studio dell’Imperial College London pubblicato sul “European Journal of Cancer”

Alessio Cortellini, uno degli autori dello studio: “I pazienti inglesi tendono ad essere più anziani, di sesso maschile e con più comorbidità, tutti fattori noti per aggravare l’andamento del virus”. David Pinato, Principal Investigator dello studio: “È necessario promuovere la vaccinazione in queste persone vulnerabili”

I pazienti affetti da cancro del Regno Unito avevano una probabilità 1.5 volte maggiore di morire in seguito alla diagnosi di COVID-19 rispetto a quelli dei Paesi europei. È il risultato di uno studio su più di 1.000 pazienti – 924 da Paesi europei e 468 dal Regno Unito – durante la prima ondata della pandemia COVID-19. Il gruppo di ricerca, condotto dall’Imperial College London, dichiara che lo studio mette in luce la necessità che i pazienti oncologici del Regno Unito abbiano la priorità della vaccinazione. Lo studio ha tracciato i dati tra il 27 febbraio e il 10 settembre 2020, in 27 centri di sei Paesi: Italia, Spagna, Francia, Belgio, Germania e Regno Unito. I risultati, pubblicati sul European Journal of Cancer, hanno mostrato che, 30 giorni dopo la diagnosi di COVID-19, il 40,38% dei pazienti oncologici del Regno Unito era morto rispetto al 26,5% dei pazienti europei. Sei mesi dopo la diagnosi di COVID-19, il 47,64% dei pazienti affetti da cancro del Regno Unito era morto, rispetto al 33,33% dei pazienti europei.

OnCovid (NCT04393974) è un registro europeo che raccoglie dall’inizio della pandemia informazioni cliniche dettagliate su pazienti oncologici affetti da COVID-19. I presupposti, che hanno mosso gli autori nell’effettuare le analisi comparative fra pazienti arruolati dai centri del Regno Unito ed i pazienti europei, si basano sull’iniziale riscontro di un elevato tasso di mortalità da COVID-19 nel Regno Unito (oltre 127.000 decessi ad aprile 2021) in generale ed anche sull’approccio differenziale nelle policy di “shielding” e minimizzazione degli accessi, messe in atto a livello nazionale da parte del National Health Service britannico.

Lo studio, pubblicato su “European Journal of Cancer”, dimostra come gli outcomes relativi al COVID-19 (a breve termine) e quelli a medio/lungo termine, verosimilmente associati alla patologia oncologica sottostante, siano peggiorativi per i pazienti del Regno Unito. Tuttavia, sia le misure di capacità ospedaliera/risposta sanitaria (tasso di ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva) che il tasso di cessazione permanente della terapia oncologica non sono risultati significativamente diversi fra i due gruppi. Ad ogni modo, come evidenziato da Alessio Cortellini, uno degli autori dello studio, i pazienti inglesi tendono ad essere più anziani, di sesso maschile e con più comorbidità, tutti fattori noti per aggravare l’andamento del COVID-19. A proposito del Regno Unito, David Pinato, Principal Investigator dello studio, ha sottolineato che i dati evidenziati confermano l’estrema fragilità dei pazienti oncologici inglesi in generale, suggerendo la necessità di promuovere la diffusione dei vaccini anti-COVID-19 in questa popolazione di pazienti vulnerabili.

La prof.ssa Alessandra Gennari, Direttore della Divisione di Oncologia dell’Università del Piemonte Orientale di Novara, uno dei centri capofila italiani, ha sottolineato come OnCovid sia un registro attivo che ad oggi include circa 3000 pazienti provenienti da 35 istituzioni europee di cui molte italiane e che successive analisi verranno presentate in occasione dei prossimi congressi oncologici internazionali.