Notiziario AIOM

Le Regioni. COVID, EMILIA-ROMAGNA: COSÌ GARANTIAMO CONTINUITÀ ASSISTENZIALE E SUPPORTO AI PAZIENTI

di Gabriele Luppi, Coordinatore AIOM Emilia-Romagna e Responsabile SSD DH Oncologico, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena

La pandemia COVID 19 ha colpito in maniera significativa la Regione Emilia-Romagna, nei primi tempi in maniera disomogenea, con più alta incidenza nella provincia di Piacenza, molto vicina al focolaio iniziale di Codogno. Al 15 settembre si sono contati 33.356 nuovi casi e 4.470 decessi.

Dal 24 febbraio la preoccupazione maggiore anche delle strutture di oncologia è stata quella di tutelare i pazienti e gli operatori sanitari. Misure protettive tuttora in atto, quali uso di mascherina, igiene delle mani, distanziamento, triage telefonico e all’accesso delle strutture, hanno sicuramente contribuito a ridurre l’incidenza tra i pazienti oncologici afferenti alle nostre strutture.

I primi dati confusi, provenienti dalla Cina, sulla mortalità dei pazienti oncologici con COVID fino a 5 volte superiore, hanno sicuramente condizionato la gestione dei nostri pazienti COVID-positivi, anche indipendentemente dallo stadio della malattia tumorale.

È stato inevitabile rilevare la discriminazione verso i pazienti oncologici con infezione da COVID, solo in parte giustificata dalla terribile necessità di dover scegliere a quali pazienti offrire le armi terapeutiche ritenute migliori. Di fatto, l’essere portatori di una neoplasia poteva in qualche modo limitare l’accesso a terapie sperimentali o a terapia intensiva. In epoca COVID abbiamo tristemente realizzato che la vita dei nostri pazienti aveva purtroppo “meno valore”, ma anche per questo siamo stati molto attenti a proteggerli e a mantenere la continuità terapeutica nella maggioranza dei casi in trattamento attivo.

Pur mancando una rete oncologica strutturata regionale, il confronto tra i vari centri, attraverso chat o contatti diretti, è stato molto utile per condividere scelte organizzative e assistenziali talvolta anche sofferte per il rischio di arrecare danno ai pazienti.

Nelle settimane più critiche è stato fondamentale il comunicato congiunto AIOM – CIPOMO del 13 marzo che ci ha aiutato a rassicurare in primo luogo pazienti e familiari.

Una criticità per diverse strutture oncologiche, soprattutto periferiche, è stato il necessario coinvolgimento del personale medico e infermieristico nei reparti COVID con i connessi timori di aumentare il rischio di contagio tra operatori e pazienti oncologici.

Oltre alla riduzione o sospensione delle attività ambulatoriali di follow-up, degli screening oncologici e di alcune terapie ritenute differibili (esempio terapie di “mantenimento”), sono state da subito messe in atto varie modalità di telemedicina con lo scopo di rassicurare i pazienti, effettuare un triage pre-accesso alla struttura, monitoraggio delle terapie orali e visite di follow-up. Per molti pazienti l’oncologo di riferimento è stato forse il medico più vicino e accessibile per ogni tipo di problema. Nella nostra regione sono state formalizzate, con modulistica di refertazione ad hoc, le prestazioni di “video-consulto” e di “colloquio telefonico significativo” e sono state apportate migliorie alle piattaforme informatiche per facilitare da subito l’interazione tra reparti ospedalieri e territorio.

Altro aspetto importante dell’attività oncologica è stato quello della ricerca volta a monitorare l’incidenza della malattia e la mortalità tra i pazienti oncologici e i rischi connessi ai trattamenti anti-tumorali. La partecipazione delle oncologie della regione Emilia-Romagna a survey e protocolli osservazionali è stata ampia e convinta per la comune necessità di aumentare le conoscenze sull’infezione da COVID nei pazienti oncologici. La letteratura scientifica al riguardo è stata ricca di contributi con conclusioni non univoche in particolare per quanto riguarda il rischio legato alla immunoterapia.

L’AIOM della nostra regione può anche sentirsi orgogliosa dell’esperienza pionieristica messa in campo a Piacenza, provincia maggiormente colpita in Emilia-Romagna, dal dr. Luigi Cavanna, Direttore dell’Oncologia della stessa città.

“Alla fine di febbraio-inizio marzo 2020, la situazione dell’ospedale di Piacenza e degli altri ospedali della provincia era diventata a dir poco drammatica: ogni giorno decine e decine di malati con grave insufficienza respiratoria giungevano al pronto soccorso. Abbiamo iniziato con visite domiciliari ai primi di marzo muniti di dispositivi, ecografo portatile per eco torace e farmaci, provette per tampone, ecc. Abbiamo iniziato con un paziente oncologico con polmonite da COVID-19 che non voleva assolutamente essere ricoverato. Visto il buon esito e la crescente richiesta, abbiamo proseguito con visite ‘porta a porta’, anche per malati COVID-19 non oncologici portando farmaci (trattamento idrossiclorochina –based) e poi monitoraggio in remoto, con saturimetro lasciato al paziente. Oltre 300 pazienti seguiti personalmente: ricoverati <del 5%, nessun decesso. Sono poi partite le USCA con lo stesso modello: diagnosi e terapia domiciliare: oltre 3 mila pazienti seguiti” (L. Cavanna).

Anche se l’emergenza COVID 19 non può essere considerata conclusa, sono già state avviate anche in Emilia-Romagna molteplici riflessioni su come possa cambiare il modello assistenziale dei pazienti oncologici a seguito, ma non solo, della pandemia COVID. Una delle prime necessità è sicuramente quella di ridurre accessi e affollamenti nelle nostre strutture; a questo fine si stanno implementando modelli organizzativi che prevedano un maggiore coinvolgimento dell’assistenza territoriale in particolare per prelievi, visite di follow-up, terapie orali; lo sviluppo della telemedicina con adeguate piattaforme informatiche e la semplificazione delle procedure per prenotare ed eseguire prelievi ematici e consulenze diagnostiche di primo livello sono essenziali a questo fine. Su queste tematiche, i coordinatori regionali di AIOM e CIPOMO hanno recentemente avuto un approfondito confronto con l’Assessorato regionale. Altrettanto importante è lo sviluppo omogeneo in regione delle cure palliative precoci o simultanee, utili per ridurre gli accessi alle strutture oncologiche dei pazienti in fase più avanzata di malattia e anche per meglio condividere con pazienti e familiari gli obiettivi delle linee successive di terapia della malattia avanzata.


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