Notiziario AIOM

Le Regioni. COVID, UMBRIA: LA CURA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO IN EPOCA DI PANDEMIA

di Silvia Sabatini, coordinatore AIOM Umbria

Al 26 settembre le persone contagiate da Covid-19, in Umbria, sono 2.353 dall’inizio dell’emergenza sanitaria, con un totale di 85 decessi, posizionando la nostra regione tra quelle con il più basso numero dei contagi. Inoltre, la crescita dei casi positivi al Covid è avvenuta in ritardo rispetto alle regioni dell’Italia settentrionale, condizione questa che ha permesso alla sanità umbra di avere più tempo per mettere in atto tutte le misure per fronteggiare l’emergenza. L’obiettivo primario è stato quello di riorganizzare e strutturare i posti letto e i percorsi dedicati da destinare ai pazienti sospetti o positivi al Covid-19 all’interno delle diverse realtà ospedaliere, con conseguente sospensione di tutte le attività ambulatoriali, di day hospital e chirurgiche programmate, fatta eccezione per quelle riguardanti i percorsi di diagnosi e cura della patologia oncologica. Nonostante il tempo in più che l’evoluzione della pandemia ha dato all’Umbria, di fatto gli oncologi si sono dovuti adattare rapidamente a questa nuova situazione e riorganizzare il proprio lavoro al fine di garantire continuità e qualità nella cura dei nostri pazienti, cercando di limitare al massimo la diffusione del virus all’interno delle strutture oncologiche per ridurre il rischio di contagio per pazienti ed operatori sanitari. Per ridurre il rischio di contagio è stato necessario selezionare gli accessi in oncologia e ridurre le presenze. La selezione è stata ottenuta attraverso l’attivazione del triage con l’obiettivo di individuare i casi sospetti prima del loro ingresso in ospedale. Il triage è stato sostenuto prevalentemente dal personale infermieristico e si è svolto attraverso la misurazione della temperatura corporea e la somministrazione di questionari per escludere la provenienza dei pazienti da aree ad alto rischio di contagio e la presenza di sintomi riconducibili ad infezione da Covid. In alcune realtà come quella dell’Azienda Ospedaliera ternana è stato possibile ottenere, fin dai primi giorni di marzo, un triage immediatamente esterno alla struttura oncologica, dedicato esclusivamente ai pazienti oncologici, offrendo così un accesso diretto alla struttura e in maggiore sicurezza, grazie anche alla collaborazione con il personale medico nel caso di situazioni dubbie. La riduzione delle presenze è stata ottenuta attraverso la messa in atto di diverse misure. La prima, la più immediata e sicuramente la più sofferta per i pazienti, è stata quella di non consentire l’accesso nei day hospital e negli ambulatori agli accompagnatori, fatta eccezione ovviamente per i pazienti non autosufficienti e di consentire l’ingresso di un solo visitatore, laddove ritenuto necessario dal medico, per il paziente ricoverato (come ad esempio nella fase terminale) soltanto per un breve periodo di tempo, previa esecuzione del test molecolare per Covid e munito di tutti i dispositivi di protezione individuale. L’altra misura intrapresa per ridurre il numero delle presenze è stata quella di utilizzare modalità alternative per le visite non urgenti di follow up. Infatti nella maggior parte dei casi queste visite non sono state semplicemente posticipate, ma c’è stato un lavoro ben più impegnativo da parte degli oncologi che hanno contattato telefonicamente i pazienti, valutato, per quanto possibile a distanza, lo stato di salute e la non criticità degli eventuali esami strumentali eseguiti. La telemedicina è stata utilizzata, in casi selezionati, anche per la gestione delle terapie oncologiche orali. Fondamentale è stata poi la riorganizzazione dei flussi di accesso per le terapie nei day hospital e negli ambulatori per le visite, chiedendo anche la collaborazione agli stessi pazienti nel rispettare gli orari con particolare richiesta di non recarsi in anticipo all’appuntamento fissato. Infine, si è cercato di limitare il numero di accessi riorganizzando l’attività del supporto psicologico che è stato mantenuto in presenza solo per selezionate situazioni critiche, mentre è stato mantenuto in videochiamata per i pazienti già in trattamento che ne hanno fatto richiesta; le valutazioni psicologiche dei pazienti in prima diagnosi sono riprese con la fase III dell’emergenza. Attraverso queste misure si è riusciti a garantire un adeguato standard di assistenza al paziente oncologico. In particolare, non ci sono state criticità nell’avviare nuove terapie, nel mantenere quelle in atto e nell’arruolare i pazienti negli studi clinici. E’ stata possibile anche la presa in carico delle visite urgenti e delle prime visite, anche se queste ultime hanno subito una riduzione legata alla sospensione momentanea delle attività di screening territoriale e dell’attività chirurgica programmata e al rifiuto da parte dei pazienti di recarsi in ospedale per paura del contagio. L’aspetto sicuramente più penalizzato nella pratica clinica, nella fase I dell’emergenza, è stato quello della sospensione delle riunioni dei Gruppi Oncologici Multidisciplinari per la discussione dei casi clinici, mantenuta in modalità virtuale solo in pochi casi come quello della Breast Unit dell’azienda ospedaliera di Perugia.

L’impressione finale è che l’oncologia regionale abbia risposto con prontezza e capacità di fronte ad una emergenza sanitaria che ci ha travolti all’improvviso. Creare le condizioni per portare i pazienti in ospedale per le cure, vincendo la loro paura per il contagio, credo sia stato un bel risultato per l’oncologia in fase Covid. Più difficile è stato raggiungere i pazienti in prima diagnosi. Nonostante tutto, la percezione comune, purtroppo non traducibile in numeri che ne confermino la reale proporzione, è che vi sia stato un incremento di pazienti giunti alla nostra attenzione con prime diagnosi di neoplasia alquanto tardive a causa di un evidente ritardo imputabile probabilmente alla paura di recarsi negli ambulatori medici, compreso quello del medico di medicina generale e al rallentamento delle procedure diagnostiche strumentali imposte dalla pandemia.


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