Il tumore polmonare a piccole cellule, altresì definito “microcitoma polmonare” (Small Cell Lung Cancer, SCLC) rappresenta circa il 15% di tutti i tumori polmonari ed è caratterizzato da un comportamento clinico particolarmente aggressivo, che lo rende il tumore polmonare con il tasso di letalità più alto. Originandosi dalle cellule neuroendocrine che abitano naturalmente le mucose dell’organismo, fa parte di fatto della grande famiglia dei tumori neuroendocrini, composta da entità molto diverse fra di loro, per grado di differenziazione e capacità di proliferazione, invasività e metastatizzazione. Il microcitoma polmonare è generalmente caratterizzato da un indice di proliferazione elevato (Ki-67 > 50%, frequentemente > 80%) e da una predilezione per la metastatizzazione precoce. Per lo stadio avanzato di malattia il tasso di risposta al trattamento di prima linea è generalmente soddisfacente (risposte obiettive del 70-80%), ma la resistenza alla terapia insorge precocemente (sopravvivenza libera da progressione di circa 4-6 mesi). Lo standard di trattamento di prima linea è rappresentato dalla chemio-immunoterapia a base di sali del platino in associazione a etoposide + anti-PD-L1 (atezolizumab o durvalumab). La seconda linea di trattamento è riservata a pazienti che mantengano delle condizioni cliniche ancora discrete, poiché gravata da moderata tossicità e da outcomes di efficacia piuttosto modesti (monoterapia con topotecan o polichemioterapia con ciclofosfamide-adriamicina-vincristina/CAV). Ad oggi, il trattamento del microcitoma polmonare resistente a platino +/- immunoterapia rappresenta un importante unmet need in oncologia.
Lo studio di fase II “DeLLphi-301” (NCT05060016) ha arruolato pazienti affetti da microcitoma polmonare-malattia estesa, dei quali più del 90% avevano già ricevuto almeno 2 linee di terapia (range 1-8) e oltre il 70% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento con anti-PD-(L)1, per testare attività e sicurezza di tarlatamab, un anticorpo bispecifico, che bersaglia DLL3 (delta-like ligand 3), un recettore che viene espresso da circa il 90% delle cellule del microcitoma polmonare, ed il CD3, presente sui linfociti T, mediando un effetto citocida da parte dei linfociti T.
Tarlatamab è stato somministrato ogni 2 settimane a due diverse dosi (10 mg o 100 mg). L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposte obiettive (ORR) dopo revisione centralizzata indipendente in cieco (blinded independent central review – BICR). Fra gli endpoints secondari figuravano la durata della risposta obiettiva (DOR), il tasso di controllo di malattia (DCR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e la tossicità.
In totale 222 pazienti sono stati trattati all’interno dello studio, con un follow-up mediano di circa 10 mesi. La ORR dopo revisione BICR è stata del 40% (97.5% CI, 29 to 52) per la coorte 10-mg e del 32% (97.5% CI, 21 to 44) per quella trattata con 100-mg. La durata della risposta obiettiva è stata di almeno 6 mesi nel 59% dei pazienti ed al momento della censorizzazione le risposte erano ancora mantenute nel 55-57% dei pazienti. L’evento avverso più comune è stata la sindrome da rilascio citochinico, occorsa in circa il 50-60% dei pazienti, inappetenza e iperpiressia (in circa un terzo dei pazienti). La tossicità di grado 3 è stata molto rara (1-6%), con tasso di discontinuazione estremamente basso (3%), considerando anche che 10 mg sono stati meglio tollerati rispetto a 100 mg.
Diversi farmaci, anche in combinazione, sono in corso di valutazione in questo setting. Lurbinectedina in monoterapia trova già un suo spazio nelle linee guida ESMO in alternativa a Topotecan o CAV come terapia di seconda linea, pur con risultati ancora non del tutto soddisfacenti. La profilazione genica del microcitoma polmonare ha permesso di disegnare studi con inibitori di PARP, ATR e Aurora Kinase, che sono attualmente in corso con varie combinazioni di trattamento.
Tarlatamab in monoterapia ha mostrato importanti segnali di attività nello studio DeLLphi-301 in una popolazione pesantemente pretrattata. Se tali dati venissero confermati nello studio di fase 3 attualmente in corso, tale anticorpo bispecifico potrebbe colmare un indubbio bisogno clinico.
Myung-Ju Ahn, Byoung Chul Cho, Enriqueta Felip, Ippokratis Korantzis, Kadoaki Ohashi, Margarita Majem, Oscar Juan-Vidal, Sabin Handzhiev, Hiroki Izumi, Jong-Seok Lee, Rafal Dziadziuszko, Jürgen Wolf, Fiona Blackhall, Martin Reck, Jean Bustamante Alvarez, Horst-Dieter Hummel, Anne-Marie C Dingemans, Jacob Sands, Hiroaki Akamatsu, Taofeek K Owonikoko, Suresh S Ramalingam, Hossein Borghaei, Melissa L Johnson, Shuang Huang, Sujoy Mukherjee, Mukul Minocha, Tony Jiang, Pablo Martinez, Erik S Anderson, Luis Paz-Ares; DeLLphi-301 Investigators
The New England Journal of Medicine, 2023 Nov. 30
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