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The Time Toxicity of Cancer Treatment

Con la definizione di “tossicità temporale” (time toxicity) si intende il tempo trascorso ad effettuare trattamenti, procedure, spostamenti o ricoveri per motivi legati alla neoplasia.
Questo tema è discusso da tempo in altre specializzazioni, come in ambito cardiologico, geriatrico e chirurgico. Diversi trial, infatti, propongono tra gli endpoint primari e secondari indici di sopravvivenza integrati con misure di tossicità temporale.
Solo recentemente viene affrontato in campo oncologico, dove il tempo acquista un significato prezioso, in particolare per i pazienti in stadio avanzato.
Molto spesso gli oncologi non informano adeguatamente i pazienti ed i familiari in merito a quanto i trattamenti oncologici potrebbero impattare sul loro tempo.
Diversi studi retrospettivi hanno affrontato il problema, spesso tuttavia inficiati da diversi bias (ad esempio i dati riguardavano le sole visite oncologiche e non tenevano conto degli accertamenti extra).
Nei trial clinici prospettici non viene riportato l’impatto temporale del trattamento, ma esso può essere estrapolato. Gli autori propongono l’esempio dello studio ABC-06, che comparava l’efficacia di FOLFOX vs BSC nella seconda linea del colangiocarcinoma avanzato. In questo studio le ore spese per il trattamento, gli esami ematici, radiologici e le visite eguagliavano o potevano superare i 27 giorni di beneficio in OS del braccio sperimentale. Un simile calcolo può essere effettuato per il trattamento radio-chemio concomitante con temozolomide nel glioblastoma.
In questi esempi riportati lo scarto di tossicità temporale tra braccio sperimentale e braccio di controllo è sicuramente maggiore, in quanto quest’ultimo è rappresentato dalla best supportive care, inoltre il beneficio che ne deriva in OS è scarso. Quando sono confrontati due tipi di trattamento attivo o il vantaggio in OS risulta molto importante, la valutazione retrospettiva sull’impatto temporale si fa più complessa. Inoltre, se la stima della tossicità temporale rimane approssimativa in protocolli di studio, a maggior ragione questo accade per la real life.
Gli autori dell’editoriale propongono 2 misure di tossicità temporale: uno diretto (Days with Physical Health Care System Contact), ovvero il calcolo del contatto fisico con il sistema sanitario, che comprende visite cliniche, infusioni, procedure, analisi del sangue, visite urgenti e ricoveri. Un altro indiretto, Home Days, ovvero i giorni spesi a domicilio, che potrebbero essere un endpoint surrogato anche della qualità di vita. Quest’ultimo parametro viene attualmente già preso in considerazione in diversi studi clinici cardiologici e neurologici.
L’implementazione di supporti digitali, come ad esempio incrocio dei dati nei fascicoli elettronici o utilizzo di applicazioni per smartphone e tablet con geolocalizzazione, consentirebbe di utilizzare tali dati nel calcolo dell’impatto temporale, anche in studi clinici.
In conclusione, quindi, è auspicabile che la tossicità temporale diventi in futuro un parametro sempre più significativo nella gestione dei pazienti oncologici. Un passo significativo potrebbe essere quello che i trial clinici includano fra i diversi endpoint anche la time toxicity, in modo che l’oncologo possa discutere con il paziente apertamente sulla miglior scelta del percorso terapeutico. Come concludono anche gli autori, i trattamenti intensivi associati a maggior “tossicità temporale” non sono una scelta errata in sé, ma il paziente oncologico dovrebbe decidere autonomamente del suo tempo.


Arjun Gupta, MD; Elizabeth A. Eisenhauer, MD; and Christopher M. Booth , MD

Journal of Clinical Oncology

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