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The Use of Not-Negative Conclusions to Describe Results of Formally Negative Trials Presented at Oncology Meetings

Negli ultimi anni, le presentazioni ai congressi scientifici hanno una grande e tempestiva diffusione nella comunità scientifica, grazie anche alla citazione dei risultati sui social media, spesso in tempo reale e con immagini delle slides presentate dal relatore. Le presentazioni orali non sono soggette a “peer-review” formale prima del congresso, e questo implica che le conclusioni degli autori possono contenere, in qualche caso, messaggi non perfettamente giustificati dai risultati.
L’analisi pubblicata il 16 aprile da JAMA Oncology aveva l’obiettivo di passare in rassegna i meeting ASCO ed ESMO degli ultimi 3 anni, allo scopo di descrivere la frequenza di presentazioni orali di studi di fase III randomizzati, formalmente negativi, le cui conclusioni erano “non negative”. Gli studi esaminati sono stati classificati in positivi o negativi sulla base dell’analisi dell’endpoint primario, e sono stati classificati in positivi (“non negativi”) o negativi sulla base delle conclusioni degli autori, ricavando tale definizione dalle slides impiegate dagli autori per la presentazione orale. Le conclusioni sono state definite come “non negative” quando, più o meno esplicitamente, gli autori aprono alla possibilità di impiegare il trattamento sperimentale nella pratica clinica, senza una chiara conclusione relativa al risultato formalmente negativo.
Dei 208 studi complessivamente analizzati, 91 erano studi negativi e di questi, 26 (pari al 28,6%) avevano una conclusione “non negativa”. La proporzione di studi negativi, ma con conclusioni “non negative”, è risultata pari al 22,2% nel 2017, al 13,0% nel 2018 e al 46,9% nel 2019. Dividendo gli studi sulla base del tipo di promotore (profit vs non profit), la proporzione di studi negativi ma con conclusioni “non negative” è risultata pari al 29,8% negli studi non profit e pari al 26,5% negli studi profit. Per quanto riguarda il “tipo” di conclusione “non negativa”: in 13 casi (50%), si trattava di un outcome “numericamente” migliore nel braccio sperimentale rispetto al braccio di controllo, ma differenza non statisticamente significativa; in 12 casi (46,2%), si trattava di un risultato negativo nella popolazione complessiva dello studio, ma conclusioni basate sull’enfasi per una o più analisi di sottogruppo; in 10 casi (38,5%) si trattava di un risultato negativo nella popolazione complessiva dello studio, ma conclusioni basate sull’enfasi per uno o più endpoint secondari; in 7 casi (26,9%), si trattava di uno studio disegnato per dimostrare la superiorità del trattamento sperimentale, poi non dimostrata, ma i risultati sono stati interpretati come “non inferiorità”.
Ciascuna delle tipologie di conclusioni “non negative” riscontrate nell’analisi merita una attenta discussione. Quando lo studio ha evidenziato un outcome migliore per i pazienti assegnati al braccio sperimentale, senza però raggiungere il criterio della significatività statistica, questo rende “inconclusivi” i risultati, e sicuramente non consente di dimostrare la superiorità. Per quanto riguarda le analisi di sottogruppo, quando si evidenzi una differenza statisticamente significativa in un sottogruppo (tra tanti) di uno studio negativo nella popolazione complessiva, il rischio di trovarsi di fronte a un risultato falso positivo è tutt’altro che trascurabile. Analoga attenzione deve essere posta nell’interpretazione di uno studio negativo per l’endpoint primario, in cui sia positiva l’analisi di uno o più endpoint secondari. Infine, quando uno studio è disegnato per dimostrare la superiorità del trattamento sperimentale, se i risultati sono inconclusivi lo studio non può essere interpretato come la prova della sovrapponibile efficacia tra I trattamenti confrontati. Quest’ultima ipotesi andrebbe verificata nell’ambito di uno studio di non inferiorità, con una pianificazione adeguata della numerosità e soprattutto con una definizione predefinita del margine di rilevanza clinica accettato come “non inferiore”.
In sintesi, l’analisi ha lo scopo di stimolare il dibattito nella comunità scientifica sull’opportunità di meglio “pesare” le conclusioni delle presentazioni orali ai congressi, in particolare oggi, in quanto hanno una risonanza e una diffusione notevole ed immediata.


Massimo Di Maio, MD; Marco Audisio, MD; Claudia Cardone, MD; et al

JAMA Oncology, April 16,2020

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