Tumore della vescica in crescita (ma sottovalutato): cosa c’è da sapere
Da CORRIERE DELLA SERA.it del 17-7-2017
Il tumore delle vescica è una malattia ancora poco conosciuta dalla maggioranza degli italiani. Il 37% non ne ha mai sentito parlare, nonostante colpisca ogni anno 26.600 persone e il numero di nuovi casi sia in aumento. In particolare, a preoccupare è la scarsa conoscenza sui fattori di rischio e sulle possibilità di cura: secondo il 68% degli intervistati è una forma di cancro inguaribile e il 78% non sa che si può prevenire. Sono i dati emersi da un’indagine presentata in un convegno al Ministero della Salute all’interno della prima campagna di sensibilizzazione sul tumore uroteliale realizzata nel nostro Paese, «Non avere Timore», realizzata dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM)
I numeri: un tumore che colpisce gli uomini
La vescica è l’organo che ha il compito di raccogliere l’urina che viene filtrata dai reni, prima di essere eliminata dal corpo. Il tumore consiste nella trasformazione in senso maligno delle cellule che ne rivestono la superficie interna. «Nel 2016 sono stati circa 26.600 i nuovi casi di tumore della vescica diagnosticati in Italia – dice Carmine Pinto, Presidente Nazionale AIOM, che ha realizzato la campagna (resa possibile grazie al sostegno di Roche) e un mini sito dedicato, per favorire una corretta informazione e aumentare il livello di consapevolezza della popolazione -: 21.400 tra gli uomini e 5.200 tra le donne. Il rischio di sviluppare la malattia è molto più alto negli uomini, ma il numero di nuovi casi maschili è in riduzione, mentre sono in lieve aumento quelli femminili. Un aumento che, come accade nel cancro ai polmoni, è in gran parte spiegabile con il numero crescente di fumatrici: il tabacco è infatti responsabile di circa la metà di tutti i tumori al tratto urinario». A cinque anni dalla diagnosi nel nostro Paese è vivo il 78% dei pazienti (la media europea è 68,6%, quella del Nord Europa 73%).
Chi rischia di più?
Si sviluppa generalmente in persone con età compresa tra i 55 e i 70 anni e l’incidenza tende ad aumentare con l’età. I principali fattori di rischio noti per il tumore della vescica sono il fumo e l’esposizione prolungata a particolari composti chimici: coloranti derivati dall’anilina, amine aromatiche e composti arsenicali (inquinanti dell’acqua potabile), classificati nel 2004 tra i cancerogeni di gruppo 1 dallo IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. I tabagisti hanno da 4 a 5 volte più probabilità di ammalarsi rispetto ai non fumatori e il tabacco è responsabile di almeno il 50% dei tumori delle vie urinarie. E circa il 25% dei casi di cancro vescicale è attualmente attribuibile a esposizione ad alcune sostanze chimiche (impiegate soprattutto nell’industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio) nei posti di lavoro.
Quali sono i campanelli d’allarme?
Non esistono segni specifici che permettano una diagnosi precoce: il principale segnale del tumore è la presenza di sangue nelle urine, sia visibile a occhio nudo sia solo al microscopio (microematuria), senza dolore. Altre spie iniziali possono essere la necessità di urinare più frequentemente, l’urgenza, il dolore o la difficoltà all’atto di urinare. «I possibili sintomi sono comuni ad altre malattie urinarie, anche non gravi – spiega Pinto, che è anche direttore dell’Oncologia dell’Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia -, ma in caso si notino anomalie è bene parlarne subito con il proprio medico, che provvederà a far eseguire gli accertamenti più opportuni. Il persistere o ripetersi di ematuria (sangue nelle urine), soprattutto in soggetti a rischio (fumatori o lavoratori a rischio) costituisce in genere un vero e proprio campanello di allarme».
Si può prevenire?
Innanzitutto la probabilità si ammalarsi di cancro della vescica si riduce non fumando o smettendo, e dopo 15 anni di stop nei tabagisti il pericolo si avvicina a quello dei non fumatori. Poi è consigliabile migliorare lo stile di vita: in particolare, seguire una dieta sana ed equilibrata (fritture e grassi consumati in grande quantità sono infatti associati a un aumentato pericolo) e svolgere una regolare attività fisica. Infine, misure preventive sul luogo di lavoro con controlli specifici sono indicate per le categorie di lavoratori impiegati nei settori a rischio, considerando anche che il tumore della vescica si sviluppa anche a distanza di 10-25 anni dall’esposizione.
Come si arriva alla diagnosi?
Per formulare la diagnosi completa sono necessarie l’anamnesi (un’indagine sull’ambiente di lavoro e sulle abitudini del paziente), l’esame clinico, l’esame citologico (ricerca di cellule tumorali) nelle urine e altri esami più sofisticati per rilevare marcatori tumorali (come la gonadotropina corionica umana o hCG). Tra questi ultimi, la cistoscopia è la tecnica più frequente: eseguita in anestesia locale, consiste nell’introduzione di uno strumento ottico per osservare la superficie interna della vescica ed eseguire biopsie.
Quali sono le terapie?
«Le opzioni terapeutiche dipendono dallo stadio della malattia che si stabilisce con una resezione endoscopica transuretrale, detta anche TURB – spiega Sergio Bracarda Direttore del Dipartimento Oncologico Azienda USL Toscana Sud-est, Arezzo e Consigliere Nazionale AIOM -. Se individuato negli stadi precoci il tumore è classificato come superficiale e viene trattato con chirurgia conservativa, per rimuovere la lesione, cercando di preservare il più possibile la funzionalità dell’organo». La resezione trans-uretrale consiste nell’introduzione di un tubicino sottile, dotato anche di illuminazione, nella vescica attraverso l’uretra; la cistectomia segmentale prevede l’asportazione della parte d’organo interessata dal tumore; infine la cistectomia radicale consiste nella rimozione della vescica, dei tessuti e dei linfonodi adiacenti e si esegue quando il tumore è esteso alla parete muscolare o interessa gran parte dell’organo.
Che fare in caso di recidive o metastasi?
«Le recidive locali dopo asportazione possono essere prevenute (quando necessario) o trattate con instillazioni endovescicali di chemioterapia o con bacillo Calmette-Guérin (BCG) – chiarisce Bracarda -: in pratica il farmaco viene il posizionato direttamente in vescica tramite un catetere. Per prevenire la comparsa di recidive. I tumori che hanno invaso la parete vescicale in profondità richiedono invece una cistectomia parziale o radicale. In alternativa, può essere utilizzata la radioterapia da sola o in combinazione con la chemioterapia. Quando il tumore genera metastasi, è necessaria la chemioterapia, disponibile in combinazioni diverse».
Sono disponibili farmaci innovativi?
«Finora questa neoplasia in fase avanzata è stata principalmente trattata con la chemioterapia, ma non sempre in modo ottimale a causa della presenza di alcune complicanze come l’insufficienza renale – dice Bracarda -. È difficile da curare perché colpisce soprattutto persone anziane e quindi spesso afflitte da altre malattie. Diversi studi hanno però dimostrato che con una sequenza di chemioterapia e immunoterapia si fanno progressi importanti. Si riesce infatti ad allungare la sopravvivenza dei pazienti e, cosa molto importante in presenza di malati spesso “fragili”, senza troppa tossicità. Dopo 30 anni senza grandi novità, recenti sperimentazioni hanno evidenziato un ruolo anche in questa patologia dell’immunoterapia con l’introduzione di anticorpi anti-PD1 e anti-PD-L1, in grado di ripristinare la capacità del nostro sistema immunitario nel riconoscere e aggredire il cancro. Questi nuovi farmaci hanno dimostrato di essere efficaci e meglio tollerati rispetto alla tradizionale chemioterapia».
Tumore della vescica, 8 italiani su dieci ignorano la prevenzione. In crescita le neoplasie di origine professionale
Da Sanità24 – Il Sole24 ORE.com del 18-7-2017
Il carcinoma della vescica è una malattia ancora poco conosciuta alla maggioranza degli italiani. Solo il 37% ne ha mai sentito parlare, nonostante colpisca ogni anno 26.600 persone e il numero di nuovi casi sia in aumento in tutti i Paesi Occidentali. In particolare, preoccupa la scarsa conoscenza dei fattori di rischio e delle possibilità di cura. Secondo il 68% degli italiani è una forma di cancro inguaribile e il 78% non sa che si può prevenire. Il 52% ignora che interessa soprattutto gli uomini e solo il 23% considera il fumo una possibile causa della neoplasia, mentre rappresenta il principale fattore di rischio. Otto su dieci però vorrebbero ricevere maggiori informazioni e notizie.
Sono questi alcuni dei dati contenuti in un sondaggio svolto nei mesi scorsi su 1.562 cittadini dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). L’indagine è presentata oggi in un convegno al ministero della Salute e fa parte di Non avere TUTimore, campagna di sensibilizzazione sul tumore uroteliale, la prima mai realizzata nel nostro Paese e resa possibile da Roche. Si è articolata attraverso diverse iniziative volte ad aumentare il livello di consapevolezza dei cittadini. Sono stati distribuiti opuscoli informativi su tutto il territorio nazionale, realizzato un mini sito con i consigli degli oncologi sul sito ufficiale Aiom, coinvolti oltre 7.500 camici bianchi della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg) e attivata una forte campagna sui social media. In più nelle piazze di Roma, Firenze, Bari e Torino sono stati organizzati eventi speciali in cui si sono esibiti otto ballerini professionisti (della scuola IALS di Roma) con performance che hanno racchiuso una serie di messaggi volti a favorire l’importanza della cura del proprio corpo e della salute.
Ancora troppa salute va in fumo
Sette italiani su dieci non sanno ancora che attraverso stili di vita sani è possibile evitare il cancro. Infatti il 24% fuma regolarmente e, tra i tabagisti, la metà consuma almeno un pacchetto al giorno di sigarette. Questo pericoloso vizio è la causa di circa il 50% di tutti i tumori del tratto urinario. Ma contro il cancro bisogna sempre giocare d’anticipo: la presenza di sangue nelle urine (ematuria) rappresenta un campanello d’allarme. Il persistere o ripetersi di questo fenomeno, soprattutto in persone considerate a rischio, deve rappresentare un segnale forte che non può e non deve essere sottovalutato. Tuttavia solo il 29% degli italiani informa il proprio medico di fiducia di questa situazione.
A rischio alcune categorie di lavoratori
Per contrastare la neoplasia vanno avviati al più presto nuovi studi clinici che individuino come ottenere sempre più diagnosi precoci soprattutto per le persone considerate ad alto rischio di sviluppare la malattia. Tra di loro ci sono alcune specifiche categorie di lavoratori. In Italia circa un quarto di tutti i casi è attribuibile a esposizioni ad alcune sostanze chimiche utilizzate nell’industria tessile, dei coloranti e della gomma e del cuoio. Chi per motivi professionali è costretto a passare diverse ore a stretto contatto con queste sostanze deve prestare ancora più attenzione alle proprie urine e sottoporsi regolarmente ad esami e accertamenti. Il numero di carcinomi alla vescica d’origine professionale è, infatti, in aumento soprattutto tra le donne.
Il 78% dei pazienti italiani riesce a sconfiggere il tumore della vescica
Finora questa neoplasia in fase avanzata è stata principalmente trattata con la chemioterapia, ma non sempre in modo ottimale, a causa della presenza di alcune complicanze come l’insufficienza renale. È difficile da curare perché colpisce soprattutto persone anziane e quindi spesso afflitte da altre malattie. Studi clinici hanno evidenziato, anche in questa patologia neoplastica, il ruolo dell’immunoterapia con l’introduzione di anticorpi anti-PD1 e anti-PD-L1, in grado di ripristinare la capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere e aggredire il cancro. Questi farmaci hanno dimostrato di essere efficaci e meglio tollerati rispetto alla tradizionale chemioterapia.
di Carmine Pinto (presidente nazionale Aiom) e
Sergio Bracarda (consigliere nazionale Aiom)
Tumore alla vescica, per il 68% degli italiani è inguaribile ma la prevenzione può fare molto
Presentati oggi a Roma i risultati di un sondaggio svolto su 1.560 cittadini. Il 37% degli italiani non ha mai sentito parlare della neoplasia e il 78% non sa che si può prevenire
Da la Repubblica.it del 18-7-2017
Colpisce la vescica ma il suo primo fattore di rischio riguarda una cattiva abitudine che coinvolge i polmoni. Il fumo, infatti, è la principale causa di insorgenza del tumore alla vescica, ma solo il 23% delle persone lo sa. Non solo: il 37% non ha mai sentito parlare di questa neoplasia, nonostante colpisca ogni anno 26.600 persone e il numero di nuovi casi sia in aumento. Sono questi alcuni dei dati contenuti in un sondaggio svolto nei mesi scorsi dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). L’indagine è stata presentata stamattina in un convegno al Ministero della Salute e fa parte di Non avere TUTimore, campagna di sensibilizzazione sul Tumore Uroteliale, la prima mai realizzata in Italia e resa possibile da Roche.
L’indagine. L’Aiom ha realizzato il sondaggio su 1.562 cittadini (di cui il 61% uomini) di età compresa tra i 20 e gli 80 anni. Tra i dati più significativi, emerge che secondo il 68% degli italiani il tumore alla vescica è una forma di cancro inguaribile e il 78% non sa che si può prevenire. Il 52% ignora che interessa soprattutto gli uomini. Otto su dieci, però, vorrebbero ricevere maggiori informazioni e notizie. C’è confusione anche in merito a quelli che sono i fattori di rischio di questa neoplasia. Secondo l’83% è l’inquinamento il principale responsabile, mentre per il 76% è una questione genetica e per l’84% dipende dall’età.
Il ruolo del fumo. Anche se la sigaretta viene sempre associata al tumore del polmone, in realtà gioca un ruolo di primo piano anche in questa forma di neoplasia. Al tabacco sono attribuiti i 2/3 del rischio complessivo nei maschi e 1/3 nelle femmine. I tabagisti hanno da 4 a 5 volte più probabilità di ammalarsi rispetto ai non fumatori. Ma il 41% del campione intervistato dall’Aiom non sa che il fumo può provocare il tumore alla vescica. “Sette italiani su dieci non sanno che attraverso stili di vita sani è possibile evitare il cancro – afferma Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom. Infatti, il 24% fuma regolarmente e, tra i tabagisti, la metà consuma almeno un pacchetto al giorno di sigarette. Questo pericoloso vizio è la causa di circa il 50% di tutti i tumori del tratto urinario”.
I segnali. Non esistono segni o sintomi specifici per i tumori vescicali che permettano una diagnosi precoce. Il principale segnale del tumore è la presenza di sangue nelle urine, sia visibile a occhio nudo sia solo al microscopio (microematuria), senza dolore. “Il persistere o ripetersi di questo fenomeno – prosegue Pinto – soprattutto in persone considerate a rischio, deve rappresentare un segnale forte che non può e non deve essere sottovalutato. Tuttavia solo il 29% degli italiani informa il proprio medico di fiducia di questa situazione”. Altri sintomi iniziali possono essere la necessità di urinare più frequentemente, l’urgenza, il dolore o la difficoltà all’atto di urinare (minzione).
Le nuove terapie. Al convegno presso il Ministero della Salute gli specialisti hanno fatto il punto anche sulle nuove terapie. “Il 78% dei pazienti italiani riesce a sconfiggere il tumore della vescica – sostiene Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento Oncologico Azienda Usl Toscana Sud-est, Arezzo e Consigliere Nazionale Aiom. Finora questa neoplasia in fase avanzata è stata principalmente trattata con la chemioterapia, ma non sempre in modo ottimale, a causa della presenza di alcune complicanze come l’insufficienza renale. E’ difficile da curare perché colpisce soprattutto persone anziane e quindi spesso afflitte da altre malattie. Studi clinici hanno evidenziato, anche in questa patologia neoplastica, il ruolo dell’immunoterapia con l’introduzione di anticorpi anti-PD1 e anti-PD-L1, in grado di ripristinare la capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere e aggredire il cancro. Questi farmaci hanno dimostrato di essere efficaci e meglio tollerati rispetto alla tradizionale chemioterapia”.
I numeri del tumore. Quella alla vescica è una forma di tumore sempre più diffusa in tutti i paesi occidentali. In Europa ogni anno colpisce circa 175.000 persone e provoca 52.000 decessi (5.600 solo in Italia). Nonostante questi numeri, da anni le associazioni dei pazienti denunciano una sottovalutazione della malattia. “I finanziamenti per la ricerca medico-scientifica contro la neoplasia non rispecchiano né la diffusione né la sua complessità clinica – aggiunge Francesco Diomede, vice presidente della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo). La nostra Federazione insieme all’European Cancer Patient Coalition, che unisce 408 associazioni di 44 paesi, ha deciso di promuovere alcune iniziative di sensibilizzazione nei confronti della Commissione e del Parlamento Europeo. A nostro avviso è fondamentale riuscire ad avviare al più presto nuovi studi clinici che individuino come ottenere sempre più diagnosi precoci soprattutto per le persone considerate ad alto rischio di sviluppare la malattia”.
I lavoratori a rischio. Tra le persone considerate più a rischio ci sono alcune specifiche categorie di lavoratori. “In Italia – spiega Pinto – circa un quarto di tutti i casi è attribuibile a esposizioni ad alcune sostanze chimiche utilizzate nell’industria tessile, dei coloranti e della gomma e del cuoio. Chi per motivi professionali è costretto a passare diverse ore a stretto contatto con queste sostanze deve prestare ancora più attenzione alle proprie urine e sottoporsi regolarmente ad esami e accertamenti. Il numero di carcinomi alla vescica d’origine professionale è, infatti, in aumento soprattutto tra le donne”.
Non avere TUTimore. La campagna si è articolata attraverso diverse iniziative volte ad aumentare il livello di consapevolezza dei cittadini. Sono stati distribuiti opuscoli informativi su tutto il territorio nazionale, realizzato un mini sito con i consigli degli oncologi sul sito ufficiale Aiom, coinvolti oltre 7.500 camici bianchi della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg) e attivata una forte campagna sui social media. In più nelle piazze di Roma, Firenze, Bari e Torino sono stati organizzati eventi speciali in cui si sono esibiti otto ballerini professionisti (della scuola Ials di Roma) con performance che hanno racchiuso una serie di messaggi volti a favorire l’importanza della cura del proprio corpo e della salute.
Il ruolo dell’informazione. Dai dati del sondaggio Aiom emerge chiaramente la ‘sete’ di informazione. Ben l’86% dei partecipanti, infatti, dichiara che vorrebbe ricevere più notizie sulla malattia e sui modi per fare prevenzione. “Oggi c’è più informazione ed è quindi più difficile per i pazienti distinguere tra ciò che è vero e ciò che è invece una bufala – spiega Massimo Razzi, giornalista, esperto di media e parte attiva del progetto editoriale Oncoline di Repubblica.it. “Inoltre, c’è una certa diffidenza nei confronti dei medici e poca fiducia nei giornalisti che vengono considerati parte integrante del potere. Ecco perchè è importante fare una buona informazione scientifica che oltre a raccontare la scienza avvalendosi di esperti dia spazio anche alla denuncia, ai timori e alle speranze di chi vive l’esperienza del cancro”.
Di Irma D’Aria
Tumore vescica, 37% italiani non ne ha mai sentito parlare
78% non sa che si può prevenire, fumo principale fattore rischio
Da ANSA.it del 18-7-2017
Il principale segnale è la presenza di sangue nelle urine, visibile a occhio nudo o solo al microscopio, senza dolore. Altri sintomi iniziali possono essere la necessità di urinare più frequentemente, l’urgenza, il dolore o la difficoltà nel farlo. Il fumo è invece il primo fattore di rischio. Queste alcune informazioni che è essenziale conoscere sul tumore della vescica, di cui non si parla molto , nonostante colpisca ogni anno 26.600 persone e il numero di nuovi casi sia in aumento, e che gli italiani conoscono poco. Il 37% non ne ha mai sentito parlare, secondo il 68% è inguaribile e il 78% non sa che si può prevenire. Il 52% ignora che interessa soprattutto gli uomini e solo il 23% considera il fumo possibile causa.
Emerge da un sondaggio su 1.562 persone dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). L’indagine fa parte di ‘Non avere TUTimore’, campagna di sensibilizzazione sul Tumore Uroteliale. “Sette italiani su dieci non sanno che attraverso stili di vita sani è possibile evitare il cancro – afferma Carmine Pinto, Presidente Aiom – il 24% fuma regolarmente e la metà almeno un pacchetto al giorno. Questo vizio è la causa di circa il 50% di tutti i tumori del tratto urinario. La presenza di sangue nelle urine rappresenta un campanello d’allarme. Il persistere o ripetersi deve rappresentare un segnale forte da non sottovalutare. Solo il 29% informa il proprio medico”.
“Il 78% dei pazienti italiani riesce a sconfiggere questo tumore – sostiene Sergio Bracarda Direttore del Dipartimento Oncologico Azienda USL Toscana Sud-est, Arezzo -. Finora in fase avanzata è stato principalmente trattato con la chemio, ma non sempre in modo ottimale, per la presenza di complicanze come l’insufficienza renale. E’ difficile da curare perché colpisce soprattutto persone anziane e quindi spesso con altre malattie.Studi clinici hanno evidenziato il ruolo dell’immunoterapia con l’introduzione di anticorpi anti-PD1 e anti-PD-L1. Questi farmaci hanno dimostrato di essere efficaci e meglio tollerati rispetto alla tradizionale chemio”.